Maria Scarpetta, in arte Mascaria, come molte delle donne di e del teatro, è stata ingiustamente dimenticata. Figlia del celeberrimo attore e commediografo Eduardo Scarpetta e della maestra di musica Francesca Giannetti, nasce a Napoli il 7 luglio 1891. Essendo il frutto di una relazione extraconiugale, Maria fu esposta nella ruota della nunziata. Scarpetta, però, una volta venuto a sapere che la bimba esposta era figlia sua, prontamente la riconobbe, e si impose anche sulla moglie Rosa affinché anche lei l’adottasse legittimamente. Anche per la predilezione naturale che Scarpetta provava nei suoi confronti, Maria fu la sua spalla, la sua confidente e amica pressoché per tutta la sua vita. Accompagnerà il padre nelle sue tournée, nei suoi viaggi e incontri di lavoro, e tra questi anche una memorabile, per la giovane Maria, serata passata a casa di Matilde Serao.

Scarpetta fu autrice di una sola opera a stampa: Felice Sciosciammocca mio padre. Il libro non è solo l’occasione per ripercorrere alcuni dei momenti privati del padre Eduardo, ma anche il modo di raccontarci la sua di vita, attraverso gli occhi dell’amato papà.
Come tutti i suoi fratelli, Maria fu avviata sin da piccola al canto e alla musica. Nonostante le sue capacità musicali (scriverà anche delle canzoni), il teatro sarà sempre e comunque la sua vera vocazione. Aveva esordito con la compagnia Scarpetta da giovanissima, ma nonostante la sua brillantezza, lascerà le scene per amore paterno.

Scriverà così di questa sua scelta:

Io recitai per lui, soltanto per lui, e, quando egli si accorse che la mia vita teatrale m’imponeva degli obblighi che contrastavano con le sue nuove abitudini di uomo di casa, mi disse di smettere. Ed io smisi.
Siamo intorno al 1910.

Maria non fu l’unica in famiglia costretta a fare delle scelte per il volere paterno: anche il fratello Vincenzo si ritroverà in questa situazione, e controvoglia raccoglierà l’eredità e diventerà il nuovo Sciosciammocca. Tuttavia, per Maria la scelta fu imposta, ma non subìta: si armò di penna e divenne drammaturga.

È impresa complessa costruire una cronologia della vita di Maria, faccenda articolata fare ordine tra tutte le commedie scritte da Mascaria, pseudonimo derivato probabilmente da una crasi del suo nome e cognome.
Questa complessità è data dal fatto che Maria non ha pubblicato nessuna delle sue commedie, e quasi tutti i suoi copioni sono scritti in collaborazione con altri autori. Però andiamo con ordine.

Momento molto importante della sua vita fu il matrimonio (1923) con Mario Mangini, giovane amico di don Eduardo e frequentatore di casa Scarpetta. Il matrimonio per Maria oltre ad un atto d’amore fu anche l’inizio di una proficua collaborazione lavorativa. Tuttavia, lo sposalizio fu dolceamaro per il geloso Eduardo Scarpetta, che in fondo in fondo sperava di potersi tenere vicina la figlia per sempre, senza dover dividere il suo affetto con nessuno; potendo continuare quella che lei stessa chiama: «dittatura sentimentale, […] la sua egoistica gioia».

Per quel che riguarda la Maria autrice, un critico autorevolissimo come Vittorio Viviani (marito di Dora, nipote di Maria) dirà che lei era: «la figura più interessante del post-scarpettismo istrionico, la soave e spiritosa Mascaria alla quale […] si debbono le maggiori scoperte umoristiche degli ultimi trent’anni e la guida sicura degli ultimi comici da Totò ai De Filippo, a Taranto. Ella era rimasto l’occhio diritto di Don Eduardo, il quale vecchio ripeteva ancora, ad ogni compleanno della figlia spettacolari soirées rimaste proverbiali».

Il lavoro di Maria/Mascaria portò nuova linfa alla famiglia Scarpetta tutta. Con il marito Mario (in arte Kokasse) scrisse alcuni dei capolavori del genere sancarlino quali: Era nuova (1925) e La direttissima Napoli-Roma (1927), destinati al fratello Vincenzo; il quale li allestiva a Roma, mentre la coppia Mangini li rappresentava a Napoli. Anche gli altri due celeberrimi fratelli della tradizione italiana: Eduardo e Peppino De Filippo si affidarono alle brillanti commedie della sorellastra.

Per la compagnia “I De Filippo” scrisse diverse opere firmate insieme ad Eduardo, e aiutò la compagnia anche nelle prove e negli allestimenti. Ora di queste commedie si sono perse le tracce, anche perché Eduardo non ha incluso nelle sue Cantate i copioni scritti in collaborazione con altri, ad eccezione dell’Abito nuovo composta con Pirandello.

Cosa interessante da segnalare è la polemica che il marito ebbe con Eduardo. Mangini sosteneva che le commedie scritte in collaborazione tra i due erano in realtà frutto solo dell’ingegno della moglie, e Eduardo pretendeva di firmarle per poterle portare in scena (anche, ovviamente, per questioni legate ai diritti d’autore). Tuttavia, sulla vicenda non abbiamo nessun riscontro effettivo e studi a riguardo non ne sono stati fatti; e dato che possediamo solo la risposta di Eduardo a queste “accuse”, non sarebbe corretto esprimersi a riguardo perché sarebbero soltanto illazioni. Questo diverbio causò una profonda rottura tra Maria ed Eduardo, e solo il tempo riuscirà a risanare il rapporto.

Maria scrisse anche per Peppino, per lui i suoi ultimi due quadri1 prima di morire: Caro nome e Quelle giornate!; due grandi successi in lingua. Grazie a tutti questi testi, Mascaria riuscì a creare un nuovo stile, un nuovo modo di fare commedia. Come? Isolando le modalità più gustose della produzione paterna, ma non per trasportarle in toto in altre opere, ma seminandole qua e là e velocizzandole, eliminando i momenti superflui, e adattandole ai nuovi tempi, rendendo le sue commedie grondanti di risate.
Grazie alle due riviste Messalina e Poi i tre moschettieri, scritte col marito, dirigerà anche il giovane Totò, contribuendo al suo incredibile successo. Sempre Viviani disse: «furono Maria Scarpetta e Mario Mangini a dar modo al nuovo comico di definirsi napoletano, cioè di diventare elementi limite di negazione al centro della crisi dello scarpettismo».

Scrive anche Apollo va in città per il celebre Nino Taranto, apponendo la sua firma accanto a quella di un altro grandissimo della commedia del ‘900, purtroppo però, senza riuscire ad ottenere nessun plauso duraturo dalla critica, né per lei né per suo marito. Marito che non ha mai rubato la scena a Maria, anzi, proprio lui si è fatto carico di pubblicare postuma l’unica opera della moglie.
Maria per tutta la sua vita ha intrattenuto relazioni e scambi epistolari con i massimi esponenti culturali di Napoli: da Bovio a Di Giacomo, passando per Murolo. A questi chiedeva di inviare poesie o canzoni, essendo lei una loro grande estimatrice, nonostante il cattivo sangue che correva tra questi artisti e Scarpetta, per via della vicenda legata alla parodia, Il figlio di Iorio, che porterà il padre al su accennato ritiro dalle scene.

Dopo la grande serie di successi inanellati, e la grande stima da parte del pubblico, Maria progressivamente si allontana dalla scrittura, tant’è che via via la sua firma smette di comparire accanto a quella di Kokasse. Maria muore, come ci racconta il Viviani, «suonando serenamente il violino, in un rapimento da educanda».

Note


1 In gergo teatrale i quadri sono le parti in cui si può dividere un atto.


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Maria Scarpetta


Scarpetta, Maria (1949) Felice Sciosciammocca, mio padre. Napoli: Morano.

Giammusso, Maurizio (2024). Vita di Eduardo (3° ed.). Roma: Minimum fax

Viviani, Vittorio (1969). Storia del teatro napoletano. Napoli: Guida Editori.

Di Franco, F. (1980). Eduardo. Roma: G. Gremese Editore.


Voce pubblicata nel: 2025