Tutti i visitatori, prima ancora dei complimenti, hanno espresso la loro sorpresa in questi termini: "il fatto che un'artista abbia riportato un successo così grande a seguito dei proprio sforzi in questo campo, che è quello a noi più estraneo, è cosa davvero straordinaria".1
Nella visione europea e occidentale, le espressioni artistiche dei paesi asiatici e musulmani, comprese dunque quelle della Turchia, rispondono a precisi canoni estetici orientalisti, che rimandano a longilinei minareti, a maestose cupole di moschee, ai loro sontuosi interni finemente decorati con rivestimenti ceramici dai motivi floreali, a lampade ricoperte con oro, pietre preziose e sfere di vetro, a prodotti ceramici decorati con smalti, oro e argento. Edifici e manufatti che, pur essendo fonte di ammirazione nel mondo occidentale, sono compressi sotto il peso di una comprensione semplificata delle molteplici espressioni dell’arte orientale, di cui invece vanno apprezzate la complessità e la varietà anche all’interno del medesimo humus culturale.
La posizione liminare tra Europa e Asia ha fatto sì che la Turchia avesse la duplice funzione di naturale crocevia di irradiamento e di assimilazione di esperienze e di cambiamenti, talvolta contrastanti e radicali, come quelli che condussero nel 1922 all’abolizione del sultanato e nel 1923 alla proclamazione della Repubblica turca di cui Mustafa Kemāl fu eletto presidente. Kemāl impose un programma di profonde riforme di laicizzazione e modernizzazione, tra le quali la progressiva conquista di posizione delle donne in quanto soggetto attivo nella società. L’emancipazione femminile fu una sua priorità2: le donne ottennero diritti politici, talvolta precedendo le democrazie occidentali, fu abolito il velo nei locali pubblici, fu riconosciuto il diritto delle donne al voto, e nel 1930 Bly San Hassom fu eletta prima donna giudice. La presenza femminile nelle scuole, nelle università e negli uffici divenne una realtà concreta.
L'educazione familiare di Mihri Müşfik Hanım, nata Mihri Rasim Achba, fu tipicamente occidentale: il suo primo maestro di pittura fu l’italiano Fausto Zonaro, presso il cui studio conobbe il direttore – anch’egli italiano - di una compagnia di acrobati in visita a Istanbul. Con quest'ultimo, Mihri si recò a Roma e a Parigi3, dove visse vendendo i suoi dipinti e subaffittando una camera. Fece ritorno a Istanbul nel 1913, quando le fu offerto di insegnare pittura alla Dârülmuallimât, prima scuola statale femminile fondata nel 1870.
La pittrice mirava a fondare una scuola di belle arti per ragazze sulla scia della scuola maschile Sanayi-i Nefise, fondata nel 1880 da Osman Hamdi Bey. La sua tenacia ebbe successo e il 1° novembre 1914 fu inaugurata la Scuola Femminile di Belle Arti (İnas Sanâyi-i Nefîse Mektebi), di cui fu direttrice e docente. Nelle sue lezioni Mihri incoraggiava a dipingere en plein air e a studiare anatomia, grazie anche alla presenza di modelle nude. Nel 1918, organizzò la prima mostra personale nel suo appartamento di Istanbul.
Al termine del 1922, Mihri ritornò in Italia ponendo fine al suo matrimonio con Müşfik Bey, suo subaffittuario a Parigi, sposato durante il primo soggiorno nella capitale francese. Qui intrecciò una relazione con Gabriele D'Annunzio, grazie al quale ebbe l'opportunità di ritrarre Papa Benedetto XV e di lavorare come restauratrice di affreschi. Nel 1923, Mihri ritornò per un breve periodo in Turchia dove dipinse il ritratto di Mustafa Kemal Atatürk, dopo di che si recò nuovamente a Roma e a Parigi e infine negli Stati Uniti (New York, Boston, Washington, Chicago). Tra il 1938 e 1939 lavorò come hostess all'Esposizione universale a Long Island, realizzò illustrazioni per testate giornalistiche durante la Seconda Guerra Mondiale e presentò una sua mostra personale alla Galleria Georges de Maziroff. Visse i suoi ultimi anni a New York nell'indigenza dove morì nel 1954 venendo sepolta nel cimitero dei poveri a Hart Island.
Mihri ha perseguito con costanza e audacia il suo talento, dedicando ogni momento alla sua arte e impegnandosi sempre per essere riconosciuta come artista e come pittrice, ovunque si recasse. Nella sua vasta galleria di ritratti sono presenti le figure più in vista della prima metà del XX secolo: il Presidente USA Franklin Delano Roosevelt, Thomas Alva Edison, il poeta Edwin Markham, Gabriele D’Annunzio, ma anche donne del popolo (fig. 1) per dare spazio alla ricerca sul viso e sul corpo come strumenti dell’identità femminile.
Mihri non ebbe timore a conoscere il mondo, da sola, anche oltreoceano, né arretrò mai di fronte alle difficoltà e alle vicissitudini che costellarono da ultimo la sua vita pur di tenere fede al suo talento e alla sua creatività. Il suo cosmopolitismo è evidente nei ritratti dove si fondono composizioni figurative di temi orientaleggianti (fig. 2), l’impressionismo e lo stile simbolista, ma è dal suo autoritratto (fig. 3) che riusciamo a comprenderne la tenacia: i suoi occhi fissano quelli dello spettatore, in maniera ferma e risoluta, e l’espressione leggermente beffarda del viso è la sua risposta alle avversità della vita.
Putroppo, le sue opere nel tempo si sono disperse e di esse poco resta a fronte della più che vasta produzione originaria. La prodigalità assoluta verso la creatività in sé e per sé: è questa la cifra che ha distinto l’arte di Mihri, ovunque pioniera.
Note
1 Cit. da: Mahinur Tuna, "Mihri Hanım'ın Resim Sergileri ve Boş Kalan Çerçeveler", nr. 24 ottobre 1918 della rivista “Giovane donna” (Genç Kadın).
http://www.istanbulkadinmuzesi.org/it/mihri-musfik-hanim
2 Sabiha Gökçen (1913-2001), figlia di Mustafa Kemal, fu la prima donna aviatrice nella storia della Turchia.
3 Come Mihri, anche la ceramista
Füreya Koral (1910-1997) trovò riparo a Parigi per sviluppare la sua ricerca artistica.