"Oggi mi trovo ad essere la mamma spirituale - come esse mi chiamano - di migliaia di fanciulle italiane e credo non sia presunzione la mia di dire, che forse poche altre donne ebbero come me la fortuna di conoscere l'anima della fanciulla italiana moderna. Svegliare in essa la coscienza di doveri non solo domestici, ma sociali; dissipare molti pregiudizi d'educazione; inspirare nobili idealità, non più vaganti sulle nubi di illusioni e di sogni ma fondate sopra un intenso, gioioso desiderio di bene altrui, sopra un pratico sviluppo delle proprie facoltà di mente e di cuore, - questo il programma che io andai svolgendo."

Così Sofia Bisi Albini riassume nel 1910, sulle pagine della sua rivista «Vita femminile italiana», gli obiettivi che, fin dalla prima giovinezza, avevano ispirato tutte le sue iniziative. A questo programma Sofia rimane fedele sempre, sia che fondi riviste e biblioteche per le donne, sia che percorra l’Italia tenendo conferenze, sia che si confronti con altre protagoniste dei movimenti emancipazionisti femminili. La sua vita stessa rappresenta la concretizzazione dell’idea di donna che non si stancherà mai di sostenere, una donna che non rinuncia alla realizzazione di sé attraverso l’attività intellettuale e l’impegno sociale ma neppure rinuncia a una vita familiare intensamente vissuta.

Nasce a Milano il 26 febbraio 1856 da una famiglia della buona borghesia lombarda, quella borghesia che “aveva dell’aristocrazia tutta la signorilità e della classe lavoratrice il senso di responsabilità e di fattività”, come osserverà più tardi la sua amica e biografa Elisa Majer Rizzioli, ritrovando queste caratteristiche molto evidenti nella personalità di Sofia.

A Milano frequenta la Scuola superiore femminile, dove conosce l’insegnante di letteratura Giovanni Rizzi che asseconda il suo desiderio di scrivere e, più tardi, la metterà in contatto con uno dei maggiori protagonisti della vita culturale italiana tra Otto e Novecento, Angelo De Gubernatis, intellettuale dai molteplici interessi, fondatore di riviste e organizzatore di eventi, al quale Sofia rimarrà legata per molti anni in un rapporto di amicizia e di stima reciproca. Un rapporto - di cui rimane testimonianza nel lungo carteggio ora conservato nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze - che si tradurrà nel tempo anche in uno scambio di collaborazioni nell'ambito delle rispettive iniziative culturali.

Agli anni della Scuola superiore risalgono le sue prime prove di scrittura, novelle in cui le giovani protagoniste esprimono tutto il loro disagio e la loro riluttanza a rispettare quelle che considerano convenzioni sociali mirate a reprimere il loro bisogno di libertà. E questo sarà il tema anche del primo romanzo Donnina forte, pubblicato dall’editore milanese Carrara nel 1879, dove già emergono con chiarezza gli elementi che caratterizzeranno non solo tutta la sua produzione letteraria ma soprattutto il suo impegno in favore dell’emancipazione femminile.

Sofia Albini non concepisce la produzione letteraria come attività principale e totalizzante. Prima ancora che come autrice di romanzi, di testi scolastici e di libri per l’infanzia, si costruisce infatti un ruolo di organizzatrice culturale, arrivando a impiegare anche risorse economiche proprie per realizzare progetti volti a promuovere la diffusione della cultura nel mondo femminile. Negli anni che seguono la pubblicazione del primo romanzo, mentre prepara i successivi, continua a scrivere per «La perseveranza» e per il «Corriere della sera», viene nominata ispettrice prima degli Asili e poi delle Scuole elementari e nel 1884 sposa lo scultore Emilio Bisi, entrando così a far parte di una grande famiglia di artisti. Il padre di Emilio, il pittore Luigi Bisi, è il presidente dell'Accademia di Brera ed era stato iniziato alla pittura da suo padre Michele e dallo zio Giuseppe, a sua volta marito della pittrice Ernesta Legnani. Ma la carriera artistica di Emilio non sarà così gratificante, quanto avrebbe fatto sperare la tradizione familiare da cui proveniva, e le sue alterne vicende condizioneranno non poco anche le scelte di Sofia, che cercherà sempre di sostenerlo nella sua attività, conciliando i suoi impegni con quelli del marito, promuovendo le sue opere e coinvolgendolo nelle sue iniziative. Così come saranno ben presto coinvolti nei molteplici progetti della madre anche i quattro figli Gigi, Maso, Antonietta e Camilla.

Nel 1894 Sofia Albini fonda la «Rivista per le signorine» (1894-1913), affidandone la pubblicazione alla casa editrice milanese Cogliati. Il periodico è destinato alle giovani donne non sposate – o non ancora sposate – alle quali propone un modello di vita in cui il matrimonio e la maternità restano gli obiettivi più gratificanti ma non sono concepiti come esclusivi. L’istruzione, il lavoro, l’indipendenza economica sono i valori che Sofia intende veicolare attraverso il suo giornale, visti non in contrapposizione ma come integrazione rispetto al tradizionale ruolo della donna nella società, con l’idea di fondo che la nuova Italia ha bisogno di una donna nuova.

La rivista - che ospita contributi di intellettuali affermati ma anche le prime prove letterarie di scrittrici esordienti come Ada Negri, Grazia Deledda e Sibilla Aleramo - mira a diffondere un'idea di emancipazione femminile intesa soprattutto come assunzione di responsabilità da parte delle donne sul ruolo che esse sono chiamate a svolgere per il progresso del proprio Paese. Un'idea che si richiama al Risorgimento nazionale e alla cultura cattolico-liberale lombarda all’interno della quale Sofia Albini si era formata.

Il cuore della rivista è la rubrica della posta, concepita come un’occasione di incontro e di confronto, dove le abbonate instaurano tra loro e con la direttrice un colloquio costante e dove si forma quello spirito di comunità di cui, a distanza di molti anni, le rende testimonianza Elisa Majer Rizzioli, già lettrice affezionata della «Rivista per le signorine».

Proprio dalla comunità delle lettrici della rivista nasce il desiderio di avere a Milano anche un luogo fisico dove ritrovarsi e condividere letture e idee. Sofia mette a disposizione un locale e una raccolta di duecento volumi esortando le sue lettrici a utilizzare questi spazi per coinvolgere donne provenienti dalle classi popolari. È cosi che nel 1896 nasce un primo tentativo di apertura di una biblioteca per le “signorine”, alle quali viene affidata la gestione di quella per le “fanciulle del popolo”. Due anni dopo, alla fine del 1898, l’idea di offrire alle donne del popolo un luogo dedicato alla lettura e alla formazione, trova una realizzazione più solida e duratura con la fondazione del Circolo “Luigi Rossari”, nato per iniziativa di Sofia Albini con il contributo di Celestina Griseri e di altre insegnanti milanesi, e intitolato allo studioso che tanto si era speso a Milano, dopo l’Unità, per la riorganizzazione del sistema scolastico pubblico.

Ancora più connotata come organo di informazione culturale, attento a tutto quanto viene prodotto dalle donne e dai movimenti emancipazionisti italiani e stranieri, è la nuova rivista mensile «Vita femminile italiana» (1907-1913) che Sofia Albini fonda a Roma, assumendo stavolta anche il ruolo di editrice. Dopo molti anni trascorsi tra Milano, Lugano, Sanremo e Genova, la famiglia Bisi era approdata a Roma alla fine del 1906, probabilmente alla ricerca di condizioni più favorevoli all’attività artistica del marito di Sofia. Emilio Bisi a Roma apre uno studio e partecipa ai lavori per il Vittoriano eseguendo la scultura raffigurante la Lombardia; collabora anche alla nuova impresa della moglie, disegnando le copertine della rivista, mentre il figlio Maso nel 1910 ne diventerà il gerente responsabile.

Sofia chiede ad alcune influenti personalità femminili di sostenerla nella promozione della sua impresa editoriale; tra queste, la scultrice Adelaide Pandiani Maraini, l'accademica dei Lincei Ersilia Caetani Lovatelli e Maria Pasolini Ponti, figura di primo piano nel mondo dell'associazionismo femminile romano. E anche le collaboratrici della rivista, fin dal suo primo anno di vita, sono molto prestigiose: Maria Montessori, Ersilia Majno Bronzini, Dora Melegari, Maria Magnocavallo, Maria Pezzé Pascolato, Amelia Rosselli, Jolanda (Maria Majocchi Plattis), Antonietta Giacomelli, Irma Melany Scodnik, Rosa Genoni. Agli articoli che analizzano i diversi aspetti della condizione femminile si affiancano i contributi letterari di Grazia Deledda, Neera, Marchesa Colombi (Maria Antonietta Torriani), Vittoria Aganoor Pompilj, Amalia Guglielminetti.

Sofia Albini intende la nuova rivista come un luogo in cui posizioni anche molto diverse tra loro, e non necessariamente coincidenti con le sue, possano confrontarsi liberamente. In occasione del primo Congresso nazionale delle donne italiane del 1908, al quale partecipa anche come relatrice, Sofia ospita vari contributi in particolare sul tema del diritto di voto e su quello dell'insegnamento religioso nelle scuole, sollevato dall'ordine del giorno abolizionista presentato al congresso dall'insegnante milanese Linda Malnati, esponente di punta del femminismo socialista. Sofia stessa si esprime più volte su questi argomenti, da un lato, collocando il riconoscimento del diritto di voto alle donne in una prospettiva di lungo periodo, come conseguenza di un profondo cambiamento nei percorsi educativi e nel livello di comprensione e di partecipazione femminile alla vita sociale; dall'altro, ribadendo le sue posizioni - vicine alle correnti del cattolicesimo modernista e per questo già attaccate in diverse occasioni dagli ambienti più conservatori - a favore di un insegnamento aconfessionale e di una religiosità di tipo ecumenico, vissuta come esperienza spirituale e come concreto impegno in favore del prossimo piuttosto che come pratica devozionale aderente ai dogmi del catechismo cattolico.

Con il Congresso del 1908, i rapporti tra la Albini e il Consiglio nazionale delle donne italiane si fanno più stretti. «Vita femminile italiana» pubblica con regolarità i resoconti delle adunanze del Consiglio, che dal gennaio 1909 affida alla casa editrice della Albini la pubblicazione del suo «Bollettino».

Nonostante il sostegno da parte del CNDA e della sua presidente Gabriella Rasponi Spalletti, nel 1910 cominciano a manifestarsi per la rivista le prime difficoltà economiche. Sofia, con il figlio Maso, reagisce inizialmente provando ad allargare l'attività editoriale e, nel fascicolo di dicembre del 1910, la Casa editrice di «Vita femminile italiana» annuncia che a partire dall'anno successivo inizierà a stampare anche la «Rivista per le signorine» e che cerca committenti per la pubblicazione di libri e periodici. Ma il tentativo non avrà successo e, anche a causa delle aspettative deluse legate alla carriera artistica del marito Emilio, Sofia con la sua famiglia progetta di lasciare Roma. Dal 1911 trascorre periodi sempre più lunghi nella cittadina di Premeno, sul lago Maggiore e anche la rivista nel 1913 non sarà più pubblicata a Roma ma a Intra, dalla piccola tipografia editrice di Giuseppe Bertolotti.

Infine, nel mese di gennaio del 1914, Sofia unifica le sue due testate fondando «La nostra rivista», che con diversi titoli proseguirà fino al 1919. Si tratta di un mensile di circa 100 pagine, pubblicato dall'editore milanese Riccardo Quintieri, che riprende sia i contenuti educativi e letterari della «Rivista per le signorine», sia quelli più politici di «Vita femminile italiana». Ma soprattutto si dedicherà negli anni della Grande guerra a sostenere le iniziative che molte associazioni femminili e la stessa Albini mettono in campo per sostenere lo sforzo bellico.

Sofia promuove la creazione a Milano di asili nido per i figli dei soldati e la nascita della Lega nazionale delle seminatrici di coraggio, di cui «La nostra rivista» diviene l’organo. La sua svolta interventista e la propaganda nazionalista di cui si fa portavoce, possono sorprendere se messe in relazione con gli ideali di fratellanza cristiana che avevano da sempre ispirato la sua opera educatrice, ma d'altra parte un atteggiamento simile era comune nell’ambito dei movimenti emancipazionisti di diverso orientamento e si ritrova anche in personaggi come Antonietta Giacomelli, con la quale Sofia aveva condiviso le battaglie moderniste per il rinnovamento spirituale delle donne cristiane. Iniziative come la Lega delle seminatrici di coraggio, inevitabilmente destinate a diventare terreno di coltura del fascismo femminile, rappresentano un'evoluzione piuttosto naturale del suo femminismo pragmatico, nutrito di ideali risorgimentali, che chiama le donne a partecipare attivamente alla vita del paese.

"L'ora del ben fare è subito" è il motto di Santa Caterina che Sofia Albini aveva usato per esortare le sue lettrici ad aderire alla Lega delle seminatrici di coraggio e, subito dopo la sua morte avvenuta il 17 luglio del 1919, queste stesse parole riprende Ada Negri nel necrologio che le dedica su «L'illustrazione italiana», per descrivere lo spirito che aveva animato la vita dell' "instancabile" Sofia.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Sofia Bisi Albini

Elisa Majer Rizzioli, Sofia Bisi Albini. La sua vita e la sua opera, in S. Bisi Albini, Le nostre fanciulle, a cura di E. Majer Rizzioli, Milano, Vallardi, 1922, p. V-XLIV

Ada Gigli Marchetti, La stampa lombarda per signorine, in L'educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminili nell'Italia dell'Ottocento, a cura di S. Soldani, Milano, Franco Angeli, 1989, p. 455-462

Dizionario biografico delle donne lombarde 568-1968, a cura di R. Farina, Milano, Baldini & Castoldi, 1995, ad vocem

Donatella Alesi, Sofia Bisi Albini: una donna "fuori dalla nuvole", in Tre donne d'eccezione. Vittoria Aganoor, Silvia Albertoni Tagliavini, Sofia Bisi Albini dai carteggi inediti con Antonio Fogazzaro, a cura di A. Chemello e D. Alesi, Padova, Il Poligrafo, 2005, p. 235-254

Carla Ghizzoni, Cultura magistrale nella Lombardia del primo Novecento. Il contributo di Maria Magnocavallo (1869-1956), Brescia, Editrice La Scuola, 2005, p. 76-139

Augusta Molinari, Donne e ruoli femminili nell'Italia della Grande Guerra, Milano, Ed. Selene, 2008, pp. 25-33

Rita Carrarini, La condivisione delle idee. «Vita femminile italiana»: l'impresa editoriale di Sofia Bisi Albini a Roma (1907-1913), «Pretext» 10 (2022), 18/19, p. 212-219

Iconografia

Sofia Bisi Albini fotografata da Mario Nunes Vais, Istituto centrale per il catalogo e la documentazione, Raccolte fotografiche, Fondo Nunes Vais, n. inv. F038047.

Licenza "Beni culturali standard" (BCS)

«Vita femminile italiana», Copertina del fascicolo di gennaio 1908 illustrata da Emilio Bisi.

Immagine in pubblico dominio

Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2023