Da suono di passi che odo lontani
sono tutta sconvolta d’un tratto.
Lo riconosco, è Lui,
Che incede Leggiadro.1
Per Tua somma grazia, Signore, guardami,
ché dall’arcano Mistero forza mi giunga.
Fuor che a Te aiuto o soccorso ad altri non chiedo,
d’inespressi voti Esauditore, scoperto Difensore!2
Descritta come una donna di grande talento, con la visione di un mistico e le aspirazioni di un rivoluzionario3, il cui nome ben potrebbe stare alla testa, come quello di una precorritrice, della lunga schiera delle combattenti per l’emancipazione della donna4, la poetessa persiana Tahereh (Ṭāhirih, la pura) è ricordata per l’eleganza e la complessità delle sue composizioni, per l’assoluta novità del suo pensiero e per il coraggio e la tenacia mostrati nella difesa dei propri valori e ideali. La sua voce, quasi dimenticata nell’Iran contemporaneo, offre una profonda testimonianza di scoperta, di cambiamento della propria vita e, al contempo, di speranza per l’avvenire di una nuova realtà – sincera e spirituale.
Fātimih Umm-i-Salmih, meglio conosciuta come Tahereh, uno dei suoi numerosi titoli, nacque a Qazvīn (nell’omonimo shahrestān dell’Iran nord-occidentale) intorno al 1817 in seno all’agiata e stimata famiglia Baraghānī. Sin dall’infanzia, la ragazza mostrò un desiderio di conoscenza e un’intelligenza particolarmente accesi che spinsero il padre a impartirle lui stesso delle lezioni e, successivamente, ad assumere un precettore appositamente per lei.
Ben presto, Tahereh acquisì sia una completa formazione in ampi campi del sapere (teologia, giurisprudenza, studi letterari), tale da poter conversare su differenti tematiche in persiano, in arabo e in turco, sia una complessa e articolata espressione delle parole, elemento – quest’ultimo – sostenuto anche da una profonda sensibilità. Considerata un prodigio di intelligenza e di bellezza, Tahereh divenne un riferimento per la comunità e i sapienti del Paese, gli ‘ulamā. Sposò, appena tredicenne, un cugino che, alla morte del padre, divenne una figura di rilievo nelle più importanti gerarchie dell’islam sciita. Da questa unione matrimoniale nacquero tre figli.
Agli inizi degli anni Quaranta dell’Ottocento, Tahereh si avvicinò con entusiasmo alla riflessione della Scuola shaykhī, un movimento religioso sciita duodecimano caratterizzato da una visione millenarista e da un’interpretazione metaforica dei testi sacri. L’incontro con tale tradizione, ritenuta eterodossa dalla maggior parte del clero persiano, suscitò in Tahereh una profonda e sincera ammirazione. Instaurata, quindi, una corrispondenza epistolare con le figure cardine dello shaykhismo – tra cui la guida Siyyid Kāẓim-i-Rāshtī (1793-1843), la poetessa entrò in conflitto con la propria famiglia e, nel corso delle numerose dispute, difese con determinazione il proprio pensiero al punto di scegliere di trasferirsi nella dimora paterna e di recarsi, senza l’autorizzazione del marito, nella città di Karbalā’ per incontrare Siyyid Kāẓim.
Giunta a Karbalā’ in compagnia della figlia, di una sorella e del marito di lei5, Tahereh non ebbe modo di incontrare il maestro in quanto da poco trapassato. Si unì, quindi, ai discepoli del defunto nell’attesa dell’epifania dell’Imām nascosto – riconosciuto dalla stessa, nel 1844, nella figura di Siyyid ‘Alī Muhammad detto il Bāb (1819-1850)6, fondatore di una nuova religione, il babismo (Bābihā)7. Sin da subito, Tahereh si impegnò a diffondere e spiegare il messaggio da lei accolto e a tradurre in persiano le opere arabe del Bāb. La nuova fede, abbracciata con sincerità, divenne per la poetessa una missione e un solido punto di riferimento. Alcune biografie, riportando l’assoluta novità costituita dalla predicazione femminile di Tahereh, ci raccontano che, durante alcune riunioni tenute in casa della vedova di Siyyid Kāẓim, la poetessa si sia presentata davanti agli uomini a volto scoperto o che tale velo le sia inavvertitamente caduto – in quanto travolta dalla passione oratoria – per poi essere immediatamente riposizionato.
L’anticonformismo del suo agire, tuttavia, suscitò un grande scandalo e il clero della città incitò la folla ad assalire la dimora presso cui abitava e presentò una protesta al Governatore locale che, fatta presidiare la casa, si rivolse a Baghdad. Nell’estate del 1846, in probabile relazione col ritardo della risposta, Tahereh stessa si recò nella capitale dove, rimanendo in attesa del giudizio, continuò la sua attività di predicazione, alimentando il crescente turbamento di parte della popolazione.
Benché giudicata non-colpevole sia dal Governatore sia da altre figure di rilievo intervenute nel frattempo, nel 1847 Tahereh ricevette un decreto del Sultano che le imponeva di lasciare il territorio turco. Nel mese di marzo, quindi, la poetessa rientrò in Iran, suscitando contemporaneamente l’ammirazione delle folle e la ferma condanna del potere religioso sciita. Rientrata nella propria città natale dopo un viaggio di circa tre mesi, Tahereh rifiutò di ricongiungersi al marito nella casa coniugale il quale, sostenuto dal padre, decise di ripudiarla.
L’intransigenza del suocero, fermo sostenitore delle proprie posizioni uṣūlī, contro gli shaykhī spinse uno dei sostenitori di quella scuola a tendergli un agguato mortale di cui fu accusata – persino dal marito – la stessa Tahereh. In conseguenza a questo episodio, l’intera comunità bābī divenne presto bersaglio di attacchi e di persecuzioni. Negli stessi giorni Tahereh, ormai costretta a rifugiarsi nella casa paterna, subì un tentativo di avvelenamento da parte del marito. Preoccupati per la sua sorte, alcuni correligionari l’aiutarono, quindi, a lasciare la propria città per cercare riparo a Tehran, dove fu ospite di Mīrzā Ḥusayn ‛Alīi Nūrī (1817-1892), noto col titolo di Bahā'u'llāh.8
Nel tardo giugno del 1848, Tahereh partecipò, insieme ad altri discepoli del Bāb, a un importante incontro bābī, conosciuto come Conferenza di Badasht, in cui la comunità si impegnò per la liberazione del Bāb, allora detenuto nell’Iran nord-occidentale, e, al contempo, dichiarò formalmente superata la shari’a e l’inaugurazione di una nuova legge bābī. Come affermazione del diverso spazio femminile voluto dalla nuova Fede, Tahereh si presentò davanti all’uditorio a viso scoperto, senza il velo previsto tradizionalmente dalla purdah.
Da Badasht, quindi, Tahereh si recò nella casa di Bahā'u'llāh dove, nel gennaio del 1850, fu prelevata dalle autorità e trasferita a Tehran, con l’accusa di essere complice nell’assassino dello zio-suocero. Nella capitale iraniana, i capi religiosi la sottoposero a un pressante interrogatorio e, per i due anni successivi, le autorità la confinarono al secondo piano della casa del sindaco, negandole gli strumenti per la scrittura. Durante la prigionia, tuttavia, Tahereh ebbe comunque modo di continuare la sua attività di diffusione della nuova Fede attirando l’attenzione dello Shah Nāṣer al-Dīn (1831-1886) il quale le propose di unirsi, come moglie, al suo harem imperiale.
Il 15 agosto 1852 tre giovani bābī attentarono, senza riuscirci, alla vita dello Shah. Tale evento riaccese un’ondata di terribili persecuzioni contro i fedeli del babismo in cui, col tacito assenso imperiale, Tahereh incontrò la morte. Nella seconda metà del mese, infatti, le autorità la convocarono per un incontro col Primo Ministro a cui la poetessa, consapevole del proprio destino, rispose serenamente, indossando abiti nuziali e profumandosi come in un giorno di festa.
Condotta nottetempo nell’area dei Giardini Īlkhanī di Tehran, Tahereh morì soffocata da un soldato ubriaco e il suo corpo fu gettato in un pozzo, coperto successivamente con terra e pietre.9 In seguito alla sua tragica morte, i familiari, mossi da una furia iconoclasta, distrussero la maggior parte delle cose che potessero ricordarla, a partire dai suoi manoscritti e dalla sua copia personale del Corano in cui, secondo gli usi dell’epoca, era annotata la sua data di nascita.
Autrice di sofisticate composizioni letterarie10 – principalmente in persiano e, di rado, in arabo – e di preziose traduzioni, Tahereh affida alle proprie opere una sincera e appassionata testimonianza del proprio incontro con l’Altro, con un nuovo maestro che, rivoluzionandole la vita, le ha prospettato l’alba di un nuovo giorno in cui, centrali, saranno i valori dell’amore, dell’interiorità spirituale e della sincerità.
[…]
Senza posa l’Amore chiama.
Il Suo invito risuona nel mondo:
“Se aneli a calcare la Mia via
non temere i marosi del dolore.
Allora, sbarcherai sulle rive del Mio mare”.
Sono zingara che sul Tuo tetto batte il tamburo.
Sono colomba sperduta nella Tua rete caduta.
Sono civetta che canta nella Tua notte.
Annientata a me stessa, vivo nel Tuo Nome,
lungi da me dell’io e del noi l’assillo.11
Note
1 Da suono di passi leggiadri. Tr. it. in: Savi, Mardani (2023), p. 45.
2 Per tua somma grazia… Tr. it. in: Savi, Mardani (2023), p. 46.
3 A. Amanat,
Resurrection and Renewal: the Making of the Babi Movement in Iran, 1844-1850, Ithaca-London 1989, p. 295 citato in Savi, Mardani (2023), p. 11.
4 A. Bausani,
Persia religiosa da Zaratustra a Bahâ’u’llâh, Milano 1959, p. 471 citato in Savi, Mardani (2023), p. 11.
5 Cugino per linea materna.
6 Le sue spoglie sono oggi ospitate in un mausoleo situato sul monte Carmelo presso Haifa (Hefa), in Israele.
7 Tahereh stessa divenne una profonda sostenitrice della nascente fede e venne accolta dal Bāb come
Lettera del Vivente, titolo assegnato ai primi diciotto discepoli del movimento religioso.
8 Le sue spoglie sono oggi ospitate in un mausoleo situato ad Acri, in Israele, realizzato nelle vicinanze della Villa di Bahjí, ultima dimora di Bahā'u'llāh.
9 Un compendio della storia del primo secolo della fede
bābī-bahā’ī ci riferisce che, prima di morire, la poetessa esclamò: “
Potete anche uccidermi, se volete, ma non fermerete l’emancipazione della donna”. S. Effendi,
Dio passa nel mondo, Roma 2004, p. 45 citato in Savi, Mardani (2023), p. 23.
10 Mohammad Ali Siddiqui, studioso di letteratura e critico letterario pakistano, riconosce che “
raramente la squisita bellezza, la poesia di grande lirismo e la finezza polemica si sono concentrate in una sola persona in proporzioni così armoniose”. Cfr. Savi, Mardani (2023), p. 23.
11 I Tuoi capelli. Tr. it. in: Savi, Mardani (2023), p. 129.
Fonti, risorse bibliografiche, siti su Tahereh
Traduzione italiana dell’opera di Tahereh:
Julio Savi, Faezeh Mardani (a cura di), Tahereh. Il tesoro nascosto, Milano 2023.
Introduzione alla biografia e alla poetica di Tahereh:
Julio Savi, Faezeh Mardani, “Se scioglierò al vento i miei capelli ambrati: la trionfante femminilità di Tahereh” in Julio Savi, Faezeh Mardani (a cura di), Tahereh. Il tesoro nascosto, Milano 2023, pp. 11-31.
Storia dell’Iran moderno e contemporaneo (in traduzione italiana):
Ervand Abrahamian, Storia dell’Iran. Dai primi del Novecento a oggi, trad. it. di A. Merlino, Roma 2009.
Michael Axworthy, Breve storia dell’Iran. Dalle origini ai nostri giorni, trad. it. di S. Marchesi, Torino 2010.
Letteratura delle donne in Iran:
Anna Vanzan, “La letteratura delle donne d’Iran”, in F. Mardani (a cura di), Il giardino e il torrente: sguardi sulla letteratura contemporanea persiana. Atti del convegno internazionale, 12 marzo 2015 Bologna, Roma 2016, pp. 29-49.
Per un’introduzione storica all’islam:
Carole Hillenbrand, Islam. Una nuova introduzione storica, ed. it. a cura di F.A. Leccese, Torino 2016.