Titina Rota nasce a Milano in una famiglia “musicale”: il nonno materno, Giovanni Rinaldi, è compositore e autore di Casa Ricordi, la madre e la zia apprezzate pianiste concertiste, il cugino, che le sarà sempre vicino nella vita, è il famoso Nino Rota.

Ancora giovane, violinista, Titina frequenta Igor Stravinskij, Alfredo Casella e Gabriele d’Annunzio, grande ammiratore dei suoi disegni. A venti anni è già indipendente dalla famiglia, studia e lavora come vetrinista e disegnatrice; a trentadue debutta curando i costumi della Locandiera di Goldoni con Tatiana Pavlova all’Odeon di Milano (1931). Poi approda, chiamata da Guido Salvini, alla Scala e crea indimenticabili scene e costumi di opere liriche anche per il Maggio Fiorentino, il teatro Comunale di Firenze, l’Opera di Roma. Alla Fenice di Venezia, dove aveva già curato le scene e i costumi di due opere liriche, firma nel 1948 la sua ultima messa in scena per un’opera di Giancarlo Menotti, Il telefono o l’amore a tre. Si dedica anche al teatro di prosa collaborando con famosi registi come Max Reinhardt e Renato Simoni e interpreti di primo piano: Elsa Merlini, Eva Maltagliati, Memo Benassi, Eva Magni, Sara Ferrati, Rina Morelli, Renzo Ricci, Marta Abba, Carlo Ninchi, Laura Adani, Tatiana Pavlova, Gino Cervi …

La sua estetica si ispira all’art déco, il tratto del disegno è deciso e insieme leggero, coloratissimo e talvolta surreale; nelle commedie i costumi hanno un’impronta umoristica molto originale, ma la sua cifra si espande nelle realizzazioni molto diverse delle opere che affronta, che spaziano da Monteverdi alla musica contemporanea. Fino ad allora i costumi di scena, secondo un uso ottocentesco, venivano generalmente presi a nolo da sartorie esterne: la Rota si mette alla guida di una équipe di sarte che lavora all’interno del teatro alla Scala e per la prima volta gli abiti di scena nascono per “quegli” attori e per “quello” spettacolo, diventando parte integrante della regia. La fantasia e l’eleganza della Rota – notano i critici – «sono speziate di ironia».

Nel cinema Titina Rota cura i costumi in alcuni film di Mario Camerini (Il documento, 1939) e Carmine Gallone (nelle trasposizioni d’opera o nei film di ambiente teatrale).

Dagli anni Cinquanta la pittura ad acquarello diventa la sua forma d’espressione preferita e Anacapri, dove trascorre la maggior parte dell’anno - una Anacapri invernale nei vari toni del grigio-azzurro, senza figure umane, silenziosa e fuori dal tempo - il suo soggetto più amato.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Titina Rota

Vittoria Crespi Morbio, Titina Rota alla Scala, Allemandi 2005

Referenze iconografiche:  

Prima immagine: La Regina, figurino per Il favorito del Re atto 1 (1932). Archivio Storico Ricordi. Immagine in pubblico dominio.

Seconda immagine: Titina Rota, particolare di una scena con le torri del castello, Archivio Storico Ricordi

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023