Tra gli intellettuali palestinesi più noti, Tamari è stimata come artista ma anche come attivista, educatrice, storica dell’arte e curatrice museale. Nella sua comunità, continuamente forzata alla migrazione, ha partecipato a fondare movimenti artistici e centri culturali di rilievo.
Vera aveva tre anni quando le maggiori potenze occidentali concessero ai coloni israeliani di fondare il loro Stato in Palestina; all’atto dell’insediamento essi costrinsero all’esilio più di 700 mila arabi e cristiani, molti dei quali si rifugiarono in Giordania e Cisgiordania, nella Striscia di Gaza, in Siria e in Libano. Fino al 1948 la famiglia Tamari abitava a Gerusalemme ma in quell’occasione ritornò a Giaffa, luogo d’origine; da lì Vera si spostò in Libano per studiare, quindi per motivi di lavoro si recò in Cisgiordania a Birzeit e poi a Ramallah, dove vive oggi.
Nel frattempo in Palestina sorgevano vari movimenti di resistenza per rispondere ad un’occupazione sempre più dura; si sono succedute diverse guerre che hanno prodotto numerose vittime, soprattutto arabe. Anche nei periodi di tregua si è verificata una progressiva militarizzazione della vita quotidiana; i blocchi israeliani di polizia rendevano quasi impossibile muoversi per raggiungere ospedali, posti di lavoro e scuole. Le donne in particolare affrontavano una vita segnata da pericoli e abusi di ogni tipo. Un rapporto del 2023 pubblicato dalle Nazioni Unite registrava tra i palestinesi, oltre alla carenza di personale sanitario e di farmaci, l’impossibilità di sterilizzare gli oggetti per l’assenza di acqua ed energia elettrica. In quello stesso anno, dopo gli attentati del gruppo fondamentalista di Hamas e la guerra di sterminio intrapresa da Israele, la situazione è decisamente precipitata chiamando in causa tutto il Mediterraneo.
All’interno della resistenza le istanze femminili hanno progressivamente acquisito un peso sempre maggiore. Non tutte le donne partecipano alla lotta armata, ma tutte si occupano di trasmettere alle nuove generazioni la storia della loro terra; mentre lo spazio pubblico è pressoché invivibile, il focolare domestico rappresenta ancora un luogo di difesa, di memoria condivisa e di intimità. Si continua a dare spazio anche all’arte, nonostante il territorio devastato e i materiali irreperibili.
Le artiste e gli artisti palestinesi concepiscono le proprie opere come atti politici che raccontano la diaspora: i temi sono l’assedio e l’occupazione militare, la vita nei campi profughi, l’invasione di muri e filo spinato, la costruzione di tunnel clandestini; si parla di apartheid e di resistenza, di guerre e terrorismo, di conflitti di civiltà e di religione in una realtà fatta di violenza, traumi di ogni genere e morte. Anche le opere di Vera Tamari, nata da una famiglia che praticava l’arte in diverse forme, esprimono la resistenza all’oppressione e sono motivate a preservare la memoria e l’identità.
In Libano, nel 1966, l’artista conseguì una laurea in Belle Arti presso il Beirut College for Women, conosciuto oggi come Lebanese American University. Nel 1967 iniziò ad insegnare arte in un centro di formazione per donne gestito dall'UNRWA a Ramallah, dove intraprese anche una ricerca sull’artigianato tradizionale entrando in contatto con numerose comunità dei dintorni; questa esperienza accese in lei un particolare interesse per la lavorazione dell’argilla, tanto da indurla ad approfondirne la tecnica a Firenze (1972-74) e ad aprire, l’anno dopo, il suo laboratorio di ceramica.
Nel 1973 Vera contribuì alla nascita del collettivo artistico League of Palestine Artists, insieme a diversi colleghi fra i quali un’altra donna, Samira Badran; la cooperazione fra donne sarebbe stata una costante anche delle sue attività future. In seguito l’artista partecipò a diverse collettive ed ampliò il proprio settore di studi, specializzandosi nel 1984 presso l'Università di Oxford in Arte e Architettura Islamica.
Tra il 1987 e il 1993, durante la Prima Intifada, Tamari fondò The New Vision Movement insieme a Sliman Mansour, Nabil Anani e Tayseer Barakat. Come principale mezzo di protesta, il gruppo individuò il boicottaggio delle forniture artistiche prodotte da Israele, dalle vernici fino a tele e pennelli. Il movimento sollecitò anche gli altri artisti all’uso di coloranti non importati come l’henné, e a scegliere materiali naturali come legno, cuoio e creta.
All’inizio degli anni ’80 le università palestinesi non disponevano di corsi dedicati alle belle arti. Ma nel 1986 Vera Tamari entrò a far parte della Birzeit University come docente di storia dell'arte e comunicazione visiva; in questa veste favorì incontri con artisti celebri come Samia Halaby - pioniera dell’astrattismo - e incoraggiò i suoi allievi a sperimentare varie forme d’arte per poi allestire esposizioni in aule e corridoi. Nel 1996 Tamari partecipò all’istituzione di due organismi prestigiosi: l’Al-Wasi Art Center di Gerusalemme e il Khalil Sakakini Cultural Center, che fu diretto nei primi nove anni da un’altra donna di fama, Adila Laïdi-Hanieh. Nel 2005 Vera fondò il Birzeit University Ethnographic and Art Museum, inaugurandolo con l’intervento dell’architetta Sandi Hilal. Nello stesso anno si dedicò ad organizzare il 'The Paltel Virtual Gallery', un sito web per la divulgazione dell'arte palestinese contemporanea. Vera Tamari ha inoltre avviato la sede locale del Founding Committee for the Development of Cultural Heritage, studiando l’architettura domestica tradizionale palestinese; ne risultò anche un testo curato insieme alla scrittrice Suad Amiry: The Palestinian village home (1999).
Dal punto di vista della produzione artistica, Vera Tamari è nota prima di tutto per i rilievi d’argilla, che presentano paesaggi e ritratti familiari; queste opere raccontano emozioni legate all’amore, alla perdita, al desiderio e alla difficoltà del ritorno. L’artista trae spesso ispirazione dal corpo femminile e dalla vitalità delle donne palestinesi. L’aspetto naturale delle figure umane è affidato al colore della creta, mentre gli sfondi hanno tinte pastello; le cornici in terracotta sono dipinte in policromia e presentano disegni geometrici, colonne classiche ed elementi vegetali.
Vera ha prodotto anche dipinti paesaggistici ad acquerello e inchiostro, nonché composizioni astratte con collage di tessuto. Come altri compatrioti, ha scelto spesso di raffigurare degli ulivi; questi, per la loro resistenza e l’aspetto contorto e ruvido, vengono assunti come simbolo fondamentale della terra d’origine e come promessa di continua rinascita. Tamari ha al suo attivo anche diverse installazioni, come quella denominata Tale of a Tree (2002), ideata in risposta all’armata israeliana che, per costruire il Muro dell'Apartheid, stava distruggendo gli uliveti palestinesi: quasi a volersene in qualche modo risarcire, Vera si dedicò a riprodurre in creta centinaia di piccoli ulivi e li espose corredati di una foto gigante di un esemplare prima della distruzione. Aveva intento politico anche Going for a Ride?: nel 2002 l’artista sistemò in uno spiazzo, ripristinate e lucidate, alcune delle auto private che gli israeliani avevano distrutto a centinaia nel corso di un’ennesima incursione; come reazione i carri armati israeliani intervennero a demolire nuovamente le vetture esposte. Tamari ha al suo attivo molte mostre in diverse parti del mondo; oltre che nei territori occupati, l’artista ha esposto in Italia, in Germania, in Iraq, negli USA, in Giappone e in G. Bretagna.
Con la sua poliedrica attività, Vera ha operato in sinergia con tante altre donne, costruendo reti di valorizzazione reciproca. Ma soprattutto ha dato rilievo internazionale a modalità espressive fortemente connotate al femminile: ha lavorato alla trasmissione di una cultura a rischio di cancellazione, ha dato spazio virtuale ad una Palestina libera, riprendendo le fila di una storia collettiva interrotta non molti decenni fa.
Infatti nel 2022 è stato presentato il libro di Vera Tamari intitolato Returning, che raccoglie le diverse fasi di un progetto volto ad esplorare il tema del ritorno in patria. A partire dal 1989 l’artista aveva ricostruito la quotidianità della sua famiglia prima dell’esilio del 1948, illustrando situazioni nelle quali ogni famiglia di media estrazione poteva riconoscersi. La raccolta dei materiali si era conclusa negli anni ’90 con l’esposizione di tre pannelli articolati su differenti linguaggi: uno presentava una documentazione fotografica, un altro dei rilievi d’argilla dipinta, l’altro ancora una scelta di testi scritti. Piuttosto che soffermarsi sulle sofferenze attraversate, Vera con questo progetto ha voluto riportare in vita una Palestina d’epoca; partendo da un archivio personale ha riproposto alla memoria collettiva una realtà serena che è esistita e che i palestinesi hanno bisogno di recuperare.
Vera Tamari - Zawyeh Gallery Vera Tamari - Wikipedia (ENG)
Vera Tamari - DAF Beirut
Mona Hajjar Halaby, A story within a triptych: on Vera Tamari’s family memories, in «mondoweiss», 17 febbraio 2013.
Voce pubblicata nel: 2025
Ultimo aggiornamento: 2025