I primi vent’anni del Novecento sono caratterizzati anche in Italia dalle esperienze delle avanguardie – futurismo, metafisica, dadaismo –, fenomeni vitalissimi che dal secondo dopoguerra hanno catalizzato l’interesse della critica. Tuttavia essi non rappresentavano fenomeni di costume diffusi, né tantomeno esauriscono il profilo di un momento storico estremamente complesso e articolato in ogni ambito della produzione culturale. Adriana Bisi Fabbri emerge come figura autonoma in questo vivace panorama artistico, con un percorso che matura e si consolida entro pochi anni dalla sua prima esperienza pubblica.

Proviene da una famiglia di artisti: uno zio materno, Alessandro Mantovani, era stato un decoratore attivo alla corte papale, e la figlia, Rosina Mantovani Gutti, è pittrice a Parigi, dove raggiunse una certa fama con ritratti dai toni vaporosi e sfumati.

Adriana, che si firmerà Adrì, è autodidatta, animata da una vivace curiosità nei confronti di ogni manifestazione artistica, guidata dalla ferrea volontà di essere considerata un’artista a tutto tondo in un’epoca e in un ambiente nei quali ancora, a una donna, molti percorsi formativi e obiettivi erano preclusi.

Mostra precocemente una forte inclinazione per le arti. Il suo primo disegno ritrovato, eseguito a Ferrara, è una piccola Testa femminile datata 1900. L’anno seguente, a seguito di un tracollo finanziario del padre, la giovane lascia la città natale e si trasferisce a Padova per cercare lavoro. Abita con Cecilia Boccioni, che è per parte materna sua seconda cugina, e con sua figlia Amelia. Sono entrambe cucitrici e ricamatrici, e nella veste di ricamatrice, lavorando duramente come farà per tutta la vita, Adriana resta con loro per oltre quattro anni. Nel frattempo, dopo una breve infatuazione tra lei e Umberto, il figlio di Cecilia, ritrova Giannetto Bisi (Ferrara, 1881 – Verona, 1919) - ferrarese come lei, affascinante, smanioso di diventare un poeta, uno scrittore - e i due si innamorano perdutamente. Il loro intento è diventare, essere, artisti.

A Padova, Adriana è inquieta: il pesante lavoro come ricamatrice, necessario per il suo sostentamento, le lascia pochissimo tempo per disegnare, studiare, iniziare il suo percorso d’artista. Dotatissima autodidatta, Adriana non perde comunque alcuna occasione per viaggiare, incontrare artisti, visitare musei ed esposizioni, apprendere, sperimentare le tecniche artistiche. Nel 1905 è alla Biennale di Venezia e descrive entusiasta a Giannetto le opere che più ha ammirato. Nelle lettere, leggiamo anche il nome di Gaetano Previati, di cui a Milano Adriana visiterà poco dopo lo studio e per il quale nutrirà un’estrema ammirazione tanto da riprenderne nei suoi primi dipinti a olio la cromia e la tecnica divisionista a larghe pennellate. Nel marzo 1906 Adriana esordisce a una collettiva della Società di Belle Arti di Verona.

Da questa data, arte, giornalismo e avanguardie si dipanano da Ferrara a Padova, poi a Bergamo e infine a Milano attraverso produttivi contatti di Adriana con le istituzioni artistiche e culturali e con i gruppi d’avanguardia di Torino, Firenze, Roma e Venezia. È un intreccio fertile e costante tra le relazioni e conoscenze personali e la vita privata della coppia. Nell’intero corso del loro impegno intellettuale e artistico, Adriana e Giannetto, che diverrà giornalista, letterato e esperto traduttore, sono protagonisti o talvolta comprimari, ognuno concentrato sul proprio percorso creativo, sempre con lucida consapevolezza del loro tempo e del valore del loro lavoro. La personale mappa d’Italia delineata dalle loro biografie sin dagli anni della loro formazione culturale e artistica è quella di un Paese fervido di iniziative culturali, di potenziali occasioni di lavoro e di espressione per due giovani intellettuali e artisti.

Dopo il matrimonio, celebrato con il solo rito civile nel 1907, cui seguirà la nascita di due amatissimi figli, la pittrice segue il marito trasferitosi a Bergamo e inizia la collaborazione con diverse testate giornalistiche per la realizzazione di copertine e vignette. Nel febbraio 1908 espone alla Mostra dei bozzetti del Circolo Artistico di Bergamo; a maggio, alla Seconda Esposizione Quadriennale di Belle Arti della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino; a luglio, all’Esposizione del bianco e nero del Circolo Artistico di Bergamo. Il 14 settembre nasce Marco Bisi, primogenito della coppia.

Nei numeri di maggio e di luglio del 1910 «Il giornalino della Domenica» pubblica i suoi disegni in copertina; in agosto, la pittrice partecipa alla Mostra Triennale dell’Accademia Carrara di Bergamo e alla Mostra di bozzetti, acquerelli e fotografie della Società Incoraggiamento Arti e Mestieri di Vicenza. A dicembre, espone tre “pastelli a carattere caricaturale” alla I Esposizione Internazionale Femminile di Belle Arti di Torino organizzata dalla rivista «La donna».

Nel 1911 esordisce sulla scena internazionale partecipando a Venezia all’Esposizione dell’Opera Bevilacqua La Masa di Ca’ Pesaro dove è richiamata ad esporre anche nei due anni successivi. Le sue opere non passano mai inosservate: “[...] siamo tra i ribelli alla pittura convenzionale o tra i creatori di una nuova convenzione pittorica [...] la signora Bisi Fabbri con una serie di maschere violente nella colorazione monocroma e caricaturali nell’espressione [...] si può ben affermare la consuetudine della singolare pittrice dall’opera della quale pare siano volutamente escluse le notazioni femminili [...]” 1. Nel 1911 partecipa anche all’esposizione internazionale di umorismo “Frigidarium”, nel Castello di Rivoli.

In questi anni la popolarità dell’artista cresce: oltre alle occasioni espositive, si moltiplicano altre possibilità e offerte di lavoro, ottenute anche tramite il marito giornalista. La vediamo a Roma - dove nello stesso 1911 conosce Giacomo Balla e ne visita lo studio - e a Firenze, con le mostre organizzate dal sodalizio femminile Lyceum nelle sue diverse sedi. Nel 1913 e nel 1914 espone con grande successo dipinti, disegni e caricature alle mostre organizzate a Torino e in altre città, tra cui la I Esposizione Internazionale di Caricatura e Umorismo promossa dalla rivista «Numero» di Torino. La mostra sarà poi riallestita a Milano e a Genova e Adriana sarà premiata con una medaglia. Nel 1914 due suoi bozzetti per manifesti sono pubblicati nella rivista di satira e umorismo «La Freddura», di cui la pittrice firma anche la copertina. A Milano, nel 1914, espone col gruppo Nuove Tendenze cui la chiama a far parte Leonardo Dudreville.

Nel gennaio 1915 la pittrice inizia la collaborazione come vignettista al quotidiano fondato e diretto da Benito Mussolini, «Il Popolo d’Italia», condividendone la linea interventista.

Lavorerà anche a Cremona, ospite nel 1916 del marchese Guido Somma Picenardi, sperimentando qui le sue poliedriche doti di costumista teatrale e scenografa. Nello stesso anno, Giannetto Bisi ottiene a Milano l’incarico di direttore della rivista «Scienza per tutti» dell’editore Sonzogno: finalmente, Adriana può vivere a Milano, alla vigilia della guerra città vivacissima anche dal punto di vista artistico e culturale.

La sua vena creativa è rivolta all’ironia, alla satira, alla caricatura e autocaricatura, espressioni di libertà allora impedite alle donne: sono proprio la caricatura e il grottesco a portarle i primi successi di critica e anche di pubblico. Tra il 1907 e la morte, con un prodigioso slancio creativo interrotto solo negli ultimi mesi a causa della debolezza causatale dalla tubercolosi, l’artista produce migliaia di illustrazioni, disegni, vignette, figurini di moda, manifesti, dipinti e centinaia di ritratti su commissione, esponendo in decine di sedi nazionali, con alcune vette qualitative a Bergamo, Torino, Venezia e finalmente a Milano.

Il suo temperamento carismatico non la fa passare inosservata: “Arrivò a Milano vestita da uomo. Sicuro. Da uomo. Le seccava un poco d’essere donna. L’aveva presa una voglia matta di far chiasso, di far presto, d’essere la prima ad arrivare dio sa dove - non lo sapeva neppur lei - voleva strappare il suo avvenire a brancate (…). Perciò Adrì si vestiva volentieri da uomo, mettendo così in caricatura il suo e l’altro sesso” 2.

La pittrice conquista uno spazio suo in cui lavorare, un vero studio di pittore, solo nel maggio 1916, una volta trasferita a Milano. Nella libertà dello studio, desiderato da almeno dieci anni, dipinge, disegna, progetta, e quindi espone con un impeto rinnovato, determinata a vedere riconosciuta la propria professionalità, a consolidare un’indipendenza personale anche economica.

Nel gennaio 1917 espone alla Mostra d’arte femminile allestita nella sede milanese del Lyceum Club. Nel corso dell’anno, stretta tra le sempre precarie condizioni economiche della famiglia e la malattia ai polmoni che dà gravi segni di peggioramento, la pittrice si dedica anche al disegno di figurini di moda per diverse testate. A marzo espone alla Mostra dei Giocattoli organizzata dai giovani Roberto Longhi e Raffaello Giolli nella sede del Lyceum Club, per cui esegue anche diversi “cartelli”. Ad aprile l’artista deve rallentare la sua corsa, e rinunciare alla mostra personale che Giolli avrebbe curato per lei, sempre a Milano. A maggio partecipa al Concorso Nazionale d’arte “Per la nostra guerra” alla Permanente; a ottobre espone alla Mostra Bimbi e Fiori allestita alla Famiglia Artistica; a novembre esegue i disegni per l’«Almanacco Popolare Sonzogno» per il 1918. Nelle ultime opere è potente il senso di dolore e desolazione svolto sui temi della maternità, associata alla guerra.

Alla fine del marzo 1918, ignorando lo stato di salute della pittrice, Manlio Morgagni, amministratore del «Popolo d’Italia», le chiede a nome di Mussolini di riprendere la collaborazione al giornale, interrotta nel gennaio del 1916.

Adriana Bisi Fabbri muore nel maggio del 1918; Giannetto nell’agosto dell’anno seguente.

Nel secondo dopoguerra Enrico Gianeri, uno dei massimi storici della caricatura e della grafica, oltre che giornalista, disegnatore e caricaturista traccia un profilo dell’artista - che aveva conosciuto - sottolineandone la personalità forte, indimenticabile: “Adrì si logorava tra cavalletto e fornelli, tra tubetti e intingoli, benché minata da un subdolo male. Fu la prima donna che adottò i calzoni in Italia, non per civetteria ma per comodità, e per le stesse ragioni si recise con una sforbiciata le magnifiche e ribelli chiome nere che le cadevano continuamente sugli occhi”.

Note


1 Gino Damerini, L’ottava mostra giovanile d’arte a Ca’ Pesaro. Dalla mostra di Felice Casorati a quella dei postimpressionisti, in «Gazzetta di Venezia», 18 maggio 1913
2 Arturo Rossato, La vita degli sconosciuti - Adrì, in «Il Popolo d’Italia», 7 giugno, Milano 1918

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Adriana Bisi Fabbri

Térésah (Corinna Teresa Ubertis), Personalità artistiche femminili. Adriana Bisi Fabbri, in «La donna», Torino, a. VIII, n. 178, 20 maggio 1912, pp. 18-19, ill.

Luciano Ramo, Adriana Bisi-Fabbri, in «La Freddura», Milano, a. II, n. 9, 15 aprile 1914, pp. 9-13

Nuove Tendenze. Milano e l’altro Futurismo, catalogo della mostra, Milano, Padiglione d’Arte Contemporanea, gennaio-marzo 1980, Electa Editrice, Milano 1980

Stefania De Guzzis, Fabbri Adriana, in Dizionario Biografico degli italiani, 43, Treccani, Roma 1993 (testo online)

Virginia Baradel (a cura di), Boccioni prefuturista. Gli anni di Padova, catalogo della mostra, Padova, Galleria Cavour, 31 ottobre 2007 - 27 gennaio 2008), Skira, Milano 2007

Giovanna Ginex-Danka Giacon (a cura di), “L’intelligenza non ha sesso”. Adriana Bisi Fabbri e la rete delle arti. 1900-1918, catalogo della mostra, Milano-Museo del Novecento, 3 dicembre 2019-8 marzo 2020, Electa, Milano 2019

Referenze iconografiche: 

Prima immagine: Giannetto Bisi, Ritratto di Adriana Bisi Fabbri, 1911 ca., Archivio privato.

Seconda immagine: La Marchesa Pignatelli, di Giovanni Dall'Orto.

Museo del Paesaggio. Immagine in pubblico dominio. 

Voce pubblicata nel: 2021

Ultimo aggiornamento: 2023