L'espressione assorta, il sopracciglio sinistro alzato come in segno di dubbio: così si presenta in una delle rarissime rappresentazioni giunte sino a noi Laura Cereta (anche conosciuta col cognome Cerreta o Cereto), umanista proveniente da un'illustre famiglia bresciana che, secondo alcuni (fra cui Anna Maria Mozzoni), sarebbe fra le prime donne ad aver insegnato filosofia. Tutti i suoi scritti in nostro possesso sono concentrati in una manciata d'anni; dell'ultimo decennio della breve esistenza della donna e delle cause della sua morte prematura e improvvisa non sappiamo pressoché nulla.

È la prima figlia di sette figli, fra cui si ricorda Daniele, anch'egli apprezzato umanista. Al pari di molte coetanee, viene inviata in convento bambina per imparare a leggere, scrivere e ricamare; e probabilmente la sua preparazione si arresterebbe poco più avanti se il padre non notasse la curiosità e la viva intelligenza della figlia e non se ne facesse personalmente carico, introducendola ben presto alla letteratura greca e latina, alla matematica, all'astrologia, alle Sacre Scritture e alla filosofia, che diviene la disciplina preferita dalla ragazza.

Quando la gestione della casa ricade sulle sue spalle Laura – come da lei stessa testimoniato – prende l'abitudine di consacrare le ore diurne agli impegni domestici e quelle notturne allo studio. Seppur giovanissima vuole infatti tentare di conquistarsi uno spazio nei circoli intellettuali, cimentandosi in un'erudita produzione in latino. Si fa così notare grazie a un curioso dialogo dedicato a un asino morto (Asinarium funus oratio), ma le sue speranze sono riposte (purtroppo invano) soprattutto nell'epistolario: composto da circa ottanta missive e circolato manoscritto tra il 1488 e il 1492 col titolo di Epistolae familares, vede le stampe solo nel 1640. Altri documenti esclusi da questa selezione si conservano oggi nel codice Marciano lat. XI, 28 (= 4186) e nel Vaticano lat. 3176.

Attraverso le lettere – talune indirizzate a corrispondenti reali e illustri, altre a figure di fantasia – Laura desidera tessere relazioni con personaggi di rilievo ed esporre i suoi interessi scientifici, morali, filosofici. In esse declina in chiave personale il prototipo fornito da Petrarca nelle Familiares, ibridandolo con numerosi influssi dalle Philippicae e dalle Epistulae ad familiares di Cicerone, dalle Heroides di Ovidio, dall'Historia naturalis di Plinio il Vecchio, dalla VI Satira di Giovenale, e dagli epistolari di Lorenzo Valla e Coluccio Salutati.

Volitiva ma non di rado contraddittoria, ferrea sostenitrice di un'esistenza all'insegna della virtus e della dedizione totale agli studi, divisa – soprattutto dopo l'inaspettata scomparsa del marito, il mercante Pietro Serina – tra l'aspirazione agli effimeri onori terreni e un cristiano contemptus mundi, l'autrice intreccia scritti d'occasione (felicitazioni, scuse, ringraziamenti...) con testi dal deciso sapore umanistico, ruotanti attorno a temi classici, quali la natura del piacere, il ruolo della fortuna nelle cose umane e la brevità della vita.

Sospettata a più riprese di non esser la vera redattrice delle missive (per il “dubbio” che una fanciulla possa padroneggiare con sicurezza il latino) e criticata a più riprese da uomini e donne per l'esibita sicurezza in se stessa, Laura non smette mai di ribadire con fierezza le proprie qualità, sempre difendendosi energicamente – e talvolta persino con acredine – dai detrattori.

Lungi dall'essere un mero esercizio retorico, la sua vis corrosiva ha tra i bersagli privilegiati la condizione femminile del tempo. Per loro stessa volontà poco autonome e ridottesi a “cagnolini rumorosi” da ammansire, le donne sono da Laura apertamente accusate di esser troppo accondiscendenti con gli uomini, che – dal canto loro – non solo tendono ad approfittarsi della situazione, ma anche a criticare in modo sprezzante coloro le quali desiderano dar lustro alla loro intelligenza e alla loro cultura, giudicandole con superficialità, sulla base di vieti luoghi comuni.

Laura Cereta giunge pertanto a polemizzare con l'opera all'epoca più significativa e autorevole nell'ambito delle raccolte di vite di donne celebri, vale a dire il De mulieribus claris di Boccaccio (1361), ove le notabili personalità femminili – seppur lodate – vengono descritte come fenomeni strani e rari. La letterata intende piuttosto dimostrare l'opposto: le donne eccellenti non sono dei monstra, come ritratte dal Certaldese e altri ancora, bensì costituiscono un vero e proprio prestigioso lignaggio, una “res publica” al femminile, da difendere dagli strali maschili. Per suffragare la sua tesi, Laura offre un corposo elenco – in parte correttivo rispetto a quello proposto da Boccaccio – che include tanto nomi mitologici (Saba, regina d'Etiopia; Manto, figlia di Tiresia...) quanto contemporanei (Isotta Nogarola, Cassandra Fedele). Laura sostiene inoltre che la natura fornisce a tutti gli esseri umani la libertà di apprendere, indipendentemente dal sesso, a patto che essi desiderino sul serio intraprendere un cammino di conoscenza e rettitudine, senza esser distolti dalla meta a causa delle effimere cure rivolte al corpo.

Come ha evidenziato Diane Robin, i punti di contatto con La città delle dame di Cristina di Pizan sono molteplici, sebbene sinora non sia stata ancora dimostrata una conoscenza diretta di Cristina da parte di Laura. Certamente la sua riflessione su questi temi è da ascrivere a quel filone che vedrà impegnate con ancora maggiore sistematicità Moderata Fonte (1555-1592), Lucrezia Marinelli (1571-1653) e Arcangela Tarabotti (1604-1652).

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Laura Cereta

Laura Cereta, Collected letters of a Renaissance feminist, transcribed, translated and edited by Diana Robin, Chicago, University of Chicago press, 1997

Laura Cereta, Laurae Ceretae Brixiensis Feminae Clarissimae Epistolae, a cura di Jacopo Filippo Tomasini, Padova, Typis Sebastiani Sardi, 1640

Silvia Lorenzini, «Scholastica discipula cum sub favillula humilioris ingenii sopita...» Per un profilo biografico di Laura Cereta, in La scrittura femminile a Brescia tra il Quattrocento e l'Ottocento, a cura di Elisabetta Selmi, Brescia, Fondazione Civiltà bresciana, 2001, vol. I, pp. 119-183

Albert Rabil Jr., Laura Cereta, Quattrocento humanist, Binghamton - New York, Center for Medieval and early Renaissance studies, 1981

Referenze iconografiche: Ritratto di Laura Cereta, 1640. Fonte: Uni Mannheim.  Immagine in  pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023