Leyla nasce a Konya, capitale dell’omonima provincia nell’Anatolia centrale, in Turchia. Cresce a Yapali, un piccolo paese dove vivono molti dei suoi parenti. È una bella ragazza, coraggiosa e vivace, “brava” in tutto, a casa e nello studio. Proviene da una famiglia con una mentalità aperta, il fratello studia amministrazione pubblica all’università e si interessa di politica. Sono curdi, e la politica è parte delle loro vite in ogni caso, che se ne occupino apertamente o no. Basta uno sguardo a tutti i documenti dove è scritto chiaramente: etnia curda, il che significa essere un popolo senza patria, e, nei momenti di maggiore tensione, essere perseguitati, incarcerati, privati dei propri diritti, anche in Turchia.

Ha solo sedici anni quando viene promessa in sposa a un ragazzo poco più grande di lei che proviene dal suo stesso paese, ma che vive in Germania con la famiglia da quando era piccolo. Il matrimonio è combinato. Si sposa a 17 anni e segue il marito in Germania, a Duisburg, dove vive con la famiglia del marito dal 1981 al 1984. In questi anni nascono due figli, un maschio e una femmina. Il suocero, “capofamiglia”, decide di ritornare in Turchia, a Yapali, e avviare un’attività commerciale con i discreti proventi degli anni trascorsi in Germania, sicuro di riuscire. Ma essendo totalmente estraneo all’economia turca, l’attività (un po’ import-export un po’ di generi di prima necessità), fallisce in pochi anni. Il marito di Leyla decide di tornare in Europa, da solo. Va in Svizzera e prova a chiedere asilo politico, ma gli viene negato. Per rimanere in Svizzera propone alla moglie di divorziare: lui sposerà una donna svizzera e potrà così rimanere nel paese. Per un po’ mantiene i legami con la famiglia e i figli: telefona, manda soldi. Dopo un anno però non li contatta più. Leyla è da sola, in Turchia, con due figli piccoli. La consuetudine vuole che si appoggi alla famiglia di origine, al padre, ai fratelli, finché non trova un altro marito: non è bene che una donna sia sola. Ma Leyla decide di fare da sé e si trasferisce a Konya, capitale della provincia, per avere maggiori opportunità. Fa di tutto, anche la venditrice porta a porta. Inizia a interessarsi di politica.

La vita all’estero le ha permesso di crescere, di diventare più consapevole che anche lei può fare qualcosa per vivere da curda in Turchia, senza che una cosa neghi automaticamente l’altra. Vede la politica anche come un modo per diventare autosufficiente, per aumentare la proprio autonomia. Anni dopo aderisce al HADEP (Partito Democratico del Popolo, in turco: Halkın Demokrasi Partisi). La metà degli anni Novanta è l’epoca degli scontri più volenti fra turchi e curdi. Konya è una città a maggioranza turca, e la situazione diviene insostenibile: la sede del suo partito è costretta a chiudere. Leyla decide di trasferirsi con la famiglia nella regione di Adana, dove la presenza curda è più forte, anche a causa delle massicce migrazioni di quegli anni. Inizia a lavorare nel SHP (Partito Social Democratico del Popolo, in turco Sosyaldemokrat Halk Partisi) dove fa una discreta carriera: nel 2004 è eletta sindaco di Küçükdikili, dipartimento di Adana; qui resta in carica per 5 anni.

Intanto i figli crescono e diventano indipendenti, il maggiore si trasferisce in Germania, mentre la figlia minore resta in Turchia, dove diventa una giornalista. Leyla continua a occuparsi di politica. Nel 2008 è fra i primi firmatari del manifesto Call for a Peaceful Settlement of the Kurdish Question in Turkey, apparso sull’«International Herald Tribune» del 20 Maggio 2008, in cui si rivendica il diritto dei Curdi di essere un popolo libero e si dichiara che la “questione curda” non può e non deve essere solo un problema interno della Turchia. Quello del popolo Curdo è un problema dell’Europa e dell’umanità, e sono queste le forze che i firmatari chiamano all’azione per una risoluzione democratica e pacifica. Nel 2009 diviene sindaco di Viransehir, nella provincia di Şanlıurfa. Nello stesso anno è eletta membro de Congress of the Council of Europe. Il 14 Ottobre tiene il suo primo discorso al congresso, in cui parla della situazione curda, delle piccole speranze di miglioramento.

La mattina del 24 dicembre 2009 Leyla è una delle 150 persone arrestate dalla polizia. Sono tutti attivisti politici curdi. Il loro processo, iniziato nell’ottobre 2010, è il più grande processo di massa contro attivisti curdi che la storia ricordi. Leyla è ancora in carcere.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Leyla Guven

Voce dell'Enciclopedia Britannica sul popolo curdo

 

Voce dell'Enciclopedia Britannica sulla questione curda

 

Articolo sull'arresto degli attivisti curdi

 

Lettera aperta a Gordon Brown per la liberazione dei politici curdi

 

Promesse e tradimenti, Kurdistan terra divisa di Mario di Vieste, pubblicata sul sito «Associazione dei popoli minacciati»

Referenze iconografiche: Leyla Guven. Fonte: Voice of America in Kurdish. Foto di Orhan Erkılıç.  VOA. Immagine in pubblico dominio.

 

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023