Regina d’Italia dal 29 luglio 1900 al 9 maggio 1946, Elena di Savoia (o del Montenegro) è tra le personalità maggiormente ricordate di casa Savoia, sia per il ruolo ricoperto in un cinquantennio di vita pubblica italiana sia per il suo patrocinio a numerosi enti e istituzioni benefici. Ad oggi, la penultima sovrana d’Italia è presente tra le prime dieci figure femminili più frequenti nella toponomastica italiana, insieme alla regina Margherita e alla contessa Eleonora d’Arborea1, e a lei sono dedicate numerose istituzioni pubbliche e private, quali scuole, ospedali2 e associazioni. A questi si aggiungono diverse intitolazioni e monumenti in città italiane, francesi e montenegrine3.

Elena (Јелена Петровић Његош, Jelena Petrović-Njegoš) nacque a Cettigne, storica capitale dell’allora Principato del Montenegro4, il 27 dicembre 1872 del calendario giuliano (8 gennaio 1873 secondo quello gregoriano) nella già numerosa famiglia reale di Nicola I (Никола I Петровић-Његош), appartenente al casato dei Petrović-Njegoš, e di Milena Vukotić (Милена Вукотић) di Čevo. Dal carattere riflessivo e riservato, Elena ricevette sin da subito un’educazione consona al rango nobiliare (e alle aspettative in lei riposte dalla famiglia), incentrata sulle lettere, sulla storia patria e sulle tradizioni del Montenegro5.

Dal 1882 al 1890 compì i suoi studi presso l’Istituto Smol’nyj (Смольный институт, Smol'nyj institut) di San Pietroburgo, lo stesso frequentato anche dalle sue sorelle maggiori, un collegio di studi femminile riservato delle figlie dell’alta nobiltà6 e sostenuto dalla stessa imperatrice di Russia, che ne sovrintendeva la linea educativa e nominava la direttrice. Negli anni di formazione, Elena affiancò agli studi artistico-letterari la scrittura in proprio di alcuni componimenti poetici7 con lo pseudonimo di Farfalla azzurra8.

Quelli trascorsi nell’Istituto per nobili fanciulle furono anni importanti per la formazione personale e per il debutto nell’alta società europea della futura regina d’Italia. In questi anni, infatti, Elena entrò in contatto con i figli della nobiltà russa e frequentò assiduamente la corte dei Romanov, ove venne presa in considerazione quale possibile consorte per l’erede al trono Nicola, futuro imperatore dal 1894 al 1917.

Gli anni di formazione furono segnati anche da numerose difficoltà, prima fra tutte la morte, avvenuta nel marzo del 1890, della sorella maggiore Zorka, principessa Karađorđević (Карађорђевић) e moglie di Pietro Karađorđević (primo re di Serbia dal 1903 al 1918, anno in cui assunse il titolo di Re dei Serbi, Croati e Sloveni).

L’incontro con Vittorio Emanuele III, avvenuto a Venezia nel 1895, segnò un importante cambiamento, sia per le vicende personali dei protagonisti sia per la dinastia sabauda. Se da tempo, infatti, la regina Margherita e l’allora presidente del consiglio Francesco Crispi avevano propiziato l’unione con la principessa montenegrina per estendere l’influenza italiana sullo scacchiere balcanico e per “rinnovare” la dinastia, a loro dire indebolita, come sarebbe accaduto in altre famiglie regnanti europee, a causa delle numerose nozze tra consanguinei9, quella tra Elena e il futuro re d’Italia fu un’unione basata su un sentimento d’amore reciprocamente corrisposto10.

Ufficializzato il fidanzamento nel 189611, Elena lasciò il Montenegro a bordo del panfilo reale Savoia e il 21 ottobre 1896, insieme al futuro sposo, sbarcò nel porto di Bari dove, nella basilica di San Nicola, abiurò il credo cristiano-ortodosso a favore di quello cattolico. Tale notizia, seppur riportata dalle cronache ufficiali dell’epoca, sembra non essere propriamente accurata. Da alcune documentazioni, infatti, emerge come la conversione (necessaria per il matrimonio, sia per implicazioni socio-politiche sia per esplicita richiesta della regina Margherita12) sia, in realtà, avvenuta a bordo dell’imbarcazione durante la traversata dell’Adriatico, mentre nella basilica barese Elena abbia ricevuto solamente i sacramenti13.

Le nozze, organizzate senza particolari sfarzi all’indomani della grave disfatta di Adua (1 marzo 1896) furono celebrate il 24 ottobre di quell’anno in due momenti separati: la cerimonia civile si svolse al palazzo del Quirinale, mentre quella religiosa nella basilica romana di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri. Dal matrimonio nacquero cinque figli: Iolanda Margherita (Contessa di Bergolo dal 1924 al 1977), Mafalda (Langravia titolare d’Assia-Kassel, deceduta nell’agosto del 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald), Umberto (Re d’Italia nel 1946), Giovanna (Zarina di Bulgaria dal 1930 al 1943) e Maria Francesca (Principessa di Parma, Piacenza e Guastalla dal 1939 al 2001).

Il 29 luglio 1900, in seguito all’assassinio del re Umberto I e alla successione al trono del marito, Elena assunse il titolo di Regina d’Italia (fino all’abdicazione di Vittorio Emanuele III in favore del figlio Umberto del 1946) affiancato, successivamente, da quelli di Imperatrice d’Etiopia (dal 1936 al 1941/1943) e di Regina d’Albania (dal 1939 al 1943).

Finché fu regina, Elena rappresentò una figura di importante risonanza nel panorama socioculturale italiano, in particolar modo per ciò che riguarda il costume e la beneficenza14, convenzionale campo d’azione delle aristocratiche europee dell’epoca. Nel 1908 intervenne in prima persona nel soccorso e nel sostegno delle popolazioni di Messina e di Reggio Calabria, colpite da uno dei più gravi sismi del XX secolo. Nello stesso anno è presente al primo Congresso nazionale delle donne italiane, in cui furono affrontati importanti temi quali l’istruzione, l’assistenza, il lavoro e i diritti politici femminili15. Nel 1911 ricevette la nomina di prima ispettrice della Croce Rossa italiana, tre anni dopo la fondazione dell’ente16 e nel 1914 incontrò le delegate del Congresso femminista internazionale, tenutosi a Roma per l’estensione del diritto di voto alle donne17. Durante la Grande Guerra, Elena si dedicò a tempo pieno a offrire supporto in qualità d’infermiera e, con l’aiuto della regina madre Margherita, promosse l’istituzione di ospedali da campo sia presso il palazzo del Quirinale sia presso Villa Margherita18. A lei risalgono l’iniziativa di realizzare un ritratto fotografico autografato da distribuire ai banchi di beneficenza al fine di reperire, tramite la vendita, fondi e sovvenzioni e la proposta di destinare alla vendita parte dei tesori della Corona per contribuire all’estinzione dei debiti di guerra.

Durante gli anni della dittatura fascista e della Seconda Guerra mondiale, il ruolo della regina fu più defilato e di più difficile analisi. Dedita al suo ruolo cerimoniale di regina, consorte del sovrano, Elena rimase sempre a fianco di Vittorio Emanuele III senza mai contrastarne pubblicamente l’operato (si pensi all’adagio sabaudo “in casa Savoia, si regna uno alla volta”)19.

Il 18 dicembre 1935, ripresa dall’Istituto Luce, la regina partecipò alla Giornata della fede indetta dal regime per sostenere i costi della guerra d’Etiopia allora in corso. In quell’occasione Elena, patronessa dell’evento, depose il proprio anello nuziale (insieme a quello del marito) nel braciere posto davanti alla tomba del milite ignoto del Vittoriano e, successivamente, lesse lentamente un discorso a cui, dopo una breve pausa, aggiunse un veloce augurio di Natale. La scelta di partecipare a tale evento rimane oggi discussa20. La regina, che nel filmato appare emozionata, probabilmente non volle o non riuscì a rifiutarsi di partecipare, così come accadde per altre figure importanti quali Benedetto Croce, Luigi Albertini21 e Luigi Pirandello22. Tale presenza, qualunque siano state le motivazioni alla base, finì per essere enfatizzata dal regime e per rappresentare un sostegno della famiglia reale alle politiche intraprese23.

Il 1938 fu l’anno in cui, dopo la pubblicazione del manifesto degli scienziati razzisti e il censimento della popolazione ebraica, il regime portò avanti, con la promulgazione delle leggi razziali, una successione di norme antisemite24. Nei confronti di tale legislazione e della firma da parte del marito, Elena non assunse mai una posizione ufficiale, rimanendo nell’ombra, anche se sembra sia intervenuta, attraverso contatti e conoscenze, in aiuto di alcuni ebrei25. Più decisa, invece, fu la posizione assunta dalla regina in difesa delle popolazioni rom e sinti, come ricordato dal poeta e partigiano italiano di etnia sinti estrekaria Vittorio Mayer, vittima insieme alla famiglia delle persecuzioni nazi-fasciste contro i popoli romaní26.

Alla luce di quanto detto, è importante, tuttavia, precisare il rapporto che intercorse tra la sovrana e la figura di Benito Mussolini. Benché, in virtù del ruolo, abbia partecipato ad eventi pubblici e sia presente una corrispondenza tramite telegramma col dittatore italiano in cui la stessa si definisce affezionatissima cugina27, Elena rimase sostanzialmente estranea al fascismo e ai suoi meccanismi totalitari, non nutrendo reali simpatie né per Mussolini28, a cui la stessa preferì sempre rivolgersi come “signor presidente”, né per le sue idee, mantenendo di fatto, anche secondo le testimonianze, un rapporto piuttosto formale e distaccato. Il regime, dal canto suo, riuscì invece a sfruttare a proprio vantaggio la popolarità della sovrana di “regina-mamma” per arrivare alle famiglie italiane29. In relazione alle scelte di Vittorio Emanuele III, infine, occorre ricordare come la regina non avesse alcun potere decisionale né, tanto meno, avesse la possibilità di influenzarne l’indirizzo30. Quello di Elena, infatti, era un ruolo di regina consorte, privo di una realtà istituzionale precisa.

Con lo scoppio del conflitto, pur continuando a porsi a fianco del marito, nel 1939 si rivolse a sei sovrane dei paesi europei ancora neutrali, tra cui Elisabetta del Belgio, Carlotta del Lussemburgo, Alessandra di Danimarca e la figlia Giovanna di Bulgaria, con un appello al fine di evitare una pericolosa estensione della guerra e di sostenere la pace31 e nel luglio del 1943 rimproverò a Vittorio Emanuele III, nell’unico contrasto annotato nelle sue memorie, l’avvenuto arresto di Mussolini nella dimora reale di Villa Savoia (oggi Villa Ada), anziché al Quirinale, sia per la sede non istituzionale ma privata sia per il senso comune dell’ospitalità, particolarmente importante anche nella tradizione montenegrina, indipendentemente dall’identità della persona ospitata32.

Il 9 settembre 1943, in seguito alla diffusione radio dell’avvenuto armistizio, Elena seguì la famiglia reale, il governo e lo stato maggiore a Pescara e quindi, via mare, a Brindisi33. Nella concitazione del momento, sembra che la regina abbia avuto un ruolo decisivo nella partenza, insieme alla coppia reale, del principe di Piemonte. Secondo le testimonianze, infatti, Umberto avrebbe preferito rimanere a Roma fino all’ultimo ma Elena insistette per la partenza del figlio: “Beppo tu n’iras pas, on va te tuer”34.

Dopo l’abdicazione di Vittorio Emanuele III in favore del figlio, Elena35 partì per l’esilio il 9 maggio 1946, ritirandosi a Villa Jela, presso Alessandria d’Egitto, fino alla morte del marito, avvenuta il 28 dicembre 1947.

Malata da tempo di una grave forma tumorale, tornò in Europa per sottoporsi alle cure spegnendosi, tuttavia, il 28 novembre 1952 a Montpellier, in Francia, a seguito di un’embolia polmonare sopraggiunta durante un intervento chirurgico. La sua salma venne tumulata nel locale cimitero di Saint-Lazare, il cui viale d’accesso oggi porta il suo nome, fino al 15 dicembre 2017 quando, a sessantacinque anni dalla morte, le sue spoglie rientrarono in Italia per essere successivamente collocate presso la cappella di San Bernardo del Santuario di Vicoforte, in provincia di Cuneo.

Durante il regno del marito, la regina Elena fu promotrice di numerose attività benefiche, a sostegno di malati, ex-combattenti, e di ricerche e aggiornamenti professionali per la cura di malattie come il cancro, la tubercolosi, la poliomielite e il morbo di Parkinson. Tali attività, tra il 1940 e il 1941, le valsero la laurea honoris causa in medicina da parte dell’Università Sapienza di Roma. Il suo costante prodigarsi per la cura e l’assistenza contribuì in maniera importante alla popolarità della sua figura presso il popolo. Il 15 aprile 1937 papa Pio XI le conferì la Rosa d'oro della Cristianità e nella lettera di cordoglio inviata a Umberto II in occasione della sua morte, papa Pio XII la definì "Signora della Carità benefica".

Tra le figure più famose di casa Savoia, Elena rimane oggi una figura importante nella memoria della popolazione montenegrina. Nel paese balcanico, infatti, la regina è ricordata attraverso monumenti e riferimenti nelle diverse città. Nel 2013, inoltre, lo stato ha emesso un francobollo in suo onore. Anche in Italia la regina viene ricordata attraverso riferimenti e intitolazioni. Oltre alle già citate istituzioni, a lei furono dedicati componimenti da parte di importanti autori quali Antonio Fogazzaro, Luigi Capuana, Giovanni Pascoli, Gabriele d’Annunzio e Ada Negri. Giacomo Puccini, come indicato sia nello spartito sia nel libretto dell’opera, le dedicò la sua Madama Butterfly. A lei sono associati, infine, un famoso amaro, la tenerina o montenegrina (un dolce tipico del ferrarese), e una particolare varietà ibrida di rosa detta Principessa di Napoli.

In virtù della sua fede e delle attività di beneficenza promosse con un zelo superiore alle numerose omologhe aristocratiche europee, nel 2001, in occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della sua morte, l’allora vescovo di Montpellier Jean-Pierre Ricard (oggi cardinale) aprì a livello diocesano la causa di beatificazione, in seguito della quale la Chiesa Cattolica le ha conferito il titolo di Serva di Dio36.

Note


1 Cfr. ITALIA – Regine in città: Margherita di Savoia - Toponomasticafemminile.com ; ITALIA – Regine in città: Elena di Savoia
2 Si ricordino, a titolo d’esempio, l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, inaugurato nel 1933, e il Padiglione Regina Elena della Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
3 Si ricordino, a titolo d’esempio, la statua dedicatale a Messina nell’ottobre del 1960, i busti installati nelle città di Montpellier, Sanremo e Cettigne e la statua esposta a Podgorica, realizzata dallo scultore montenegrino Adin Rastoder.
4 Già principato vescovile dalla fine del XVII secolo, il Montenegro fu principato secolare dal 2 marzo 1852 al 28 agosto 1910 quando fu finalmente proclamato regno da Nicola I Petrović-Njegoš che ne divenne il primo sovrano.
5 Dei suoi primi studi Elena ricorderà in particolare l’istitutrice Louise Neukomm e l’insegnante di francese Eugénie Frejainger.
6 La fondazione dell’Istituto risale al 1764, per decreto dell’imperatrice Caterina II.
7 Alcune di queste poesie, seppur convenzionali da un punto di vista letterario, furono pubblicate sulla rivista russa Nedelja e, successivamente, tradotte in tedesco sui periodici Die Gartenlaube e Das Aeussere.
8 Matilde Serao, scrittrice e fondatrice del quotidiano Il mattino insieme a Edoardo Scarfoglio, chiese direttamente a Elena, nei suoi primi anni in Italia, se fosse lei l’autrice con tale nome d’arte ricevendo, tuttavia, una risposta negativa. Cfr. Regolo 2024, 64-65.
9 A titolo d’esempio, si ricordi che i genitori di Vittorio Emanuele III – Umberto I e Margherita – erano cugini di primo grado essendo rispettivamente figli del re d’Italia Vittorio Emanuele II e di suo fratello minore Ferdinando, duca di Genova.
10 È stato frequentemente raccontato come la duchessa d’Aosta Hélène d’Orléans, nata nella famiglia reale francese, usasse riferirsi a lei come “ma cousine, la bergère” (trad. “mia cugina, la pastora”) a voler sottolineare le origini montenegrine della cugina acquisita.
11 L’annuncio del fidanzamento fu accompagnato da un articolo, apparso nel mese di settembre sul Mattino, intitolato Le nozze coi fichi secchi, in cui l’autore, Edoardo Scarfoglio, ironizzava sia sulla provenienza della Principessa di Napoli sia sullo scarso peso politico-economico del suo paese natale.
12 Per approfondimenti cfr. Regolo 2024, 77-103.
13 Cfr. Regolo 2024, 180-186.
14 Si ricordi, a titolo d’esempio, la presenza della sovrana tra i soci benemeriti dell’Asilo materno, un centro di accoglienza e di assistenza per ragazze madri nell’ultimo periodo di gravidanza, fondato nel 1910 dalla Federazione Femminile Toscana. Tra i soci e gli oblatori della nuova istituzione figuravano anche donne di elevato spessore culturale e letterario, tra cui numerose appartenenti alla comunità ebraica. Cfr. Miniati 2008, 178-180.
15 Cfr. Colarizi 2021, 40-41.
16 Cfr. La regina crocerossina - Rai Cultura
17 Cfr. Elena. La regina del popolo.
18 Il ruolo d’infermiera e l’istituzione di un’ospedale da campo al Quirinale sono stati recentemente ricordati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Trieste in occasione del centenario dalla fine del conflitto: Desidero citare un’altra donna: la regina di allora, Elena, che durante la guerra si prodigò come infermiera, ospitando nel palazzo del Quirinale un ospedale da campo, per ricoverare e curare feriti e mutilati. Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia in occasione del centenario della fine della Grande Guerra e Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate.
19 Cfr. Siccardi 2002, 162-163.
20 Per approfondimenti cfr. Terhoeven 2003, 83-85.
21 Cfr. Terhoeven 2003, 83; Colarizi 2021, 226-227.
22 Cfr. Regolo 2024, 536-537. Fra coloro che si schierarono apertamente contro questa iniziativa occorre ricordare il principe Filippo Andrea VI Doria Pamphilj, sindaco di Roma dal 1944 al 1946, da sempre critico nei confronti del regime e sua moglie, la principessa Gesine Doria Pamphilj. Terhoeven 2003, 174-175.
23 Cfr. Colombo 2010, 166. Sulla partecipazione della regina alla giornata della fede cfr. Terhoeven 2003, 112-116.
24 Cfr. Brusco 2019, 73-74. In anni successivi al 1938 furono varate ulteriori leggi, in particolare nel 1939 e nel 1942. Brusco 2019, 56.
25 G. Ciano, nel suo diario, riporta una conversazione con Filippo d’Assia a cui la sovrana avrebbe espresso il risentimento per l’espulsione del medico di fiducia Erwin Stuckold (nel testo riportato come Stukjold) e a cui avrebbe affidato il compito di tentare una mediazione. Cfr. Ciano, Diario, 10 settembre 1938; Regolo 2024, 543.
26 Cfr. Regolo 2024, 543.
27 Si veda, a titolo di esempio, la lettera riportata in Terhoeven 2003, 84. Si noti, poi, come tutti gli insigniti dell'onorificenza dell’Ordine supremo della Santissima Annunziata, tra le diverse esenzioni e onori riservati, ricevano l’indicazione di “cugini del re”.
28 In relazione alle conversazioni tra i due, si ricordi come Mussolini, in almeno un’occasione, riferì per battuta come con la regina si potesse parlare solo di malanni. Cfr. Terhoeven 2003, 84; 345n.
29 Cfr Regolo 2024, 536-537.
30 Si ricordi in proposito il già citato adagio sabaudo: in casa Savoia, si regna uno alla volta.
31 Per il testo della missiva, datata 27 dicembre cfr. Siccardi 2002, 166-168.
32 Cfr. Siccardi 2002, 214-215.
33 Colarizi 2021, 566.
34 Trad. “Beppo, tu non andrai, ti uccideranno”. Cfr. Regolo 2024, 574.
35 In seguito all’abdicazione del 1946 del marito e all’assunzione di quest’ultimo del titolo di conte di Pollenzo (già usato in gioventù da Vittorio Emanuele III, su concessione del re Umberto I, al fine di garantire una maggior riservatezza in occasione di un viaggio privato in Germania e in Austria-Ungheria), Elena assunse il titolo di contessa di Pollenzo.
36 Cfr. Enrico Lenzi, Elena di Savoia, riparte la causa di beatificazione - Avvenire


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Elena di Savoia


Sulla storia italiana otto-novecentesca:

C. Brusco, La grande vergogna. L’Italia delle leggi razziali, pref. di L. Segre, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2019.

S. Colarizi, Storia del novecento italiano, BUR Rizzoli, Milano 2021 [ed. or. 2000].

M. Miniati (2008), Le “emancipate”. Le donne ebree in Italia nel XIX e nel XX secolo, Viella, Roma 2008.

Su casa Savoia:

G. Oliva, I Savoia. Novecento anni di una dinastia, Mondadori, Milano 2017 [ed. or. 1998].

D. M. Smith, I Savoia re d’Italia. Fatti e misfatti della monarchia dall’unità al referendum per la repubblica, ed. it. di A. Serafini, BUR, Milano 1992 [ed. or. Italy and Its Monarchy, 1989].

Sul rapporto tra monarchia, dittatura fascista e propaganda:

P. Colombo, La monarchia fascista 1922-1940, il Mulino, Bologna 2010

P. Terhoeven, Oro alla patria. Donne, guerra e propaganda nella giornata della Fede fascista, il Mulino, Bologna 2003.

Su Elena di Savoia (o del Montenegro):

R. Barneschi, Elena di Savoia. Storia e segreti di un matrimonio reale, Rusconi, Milano 1986.

L. Regolo, La regina Elena. Una vita all’insegna dell’amore, Edizioni Ares, Milano 2024.

C. Siccardi, Elena. La regina mai dimenticata, seconda edizione riveduta e corretta, Paoline, Milano 2002.

Enciclopedia Treccani (Elena di Savoia)

Direzione regionale Musei Piemonte (Elena. La regina del popolo)

Rai Cultura (La regina crocerossina)

Toponomastica femminile (Regine in città: Margherita di Savoia)

Toponomastica femminile (Regine in città: Elena di Savoia)



Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2025