Louise d’Épinay1 è una delle figure più significative nel panorama delle relazioni tra donne e Lumi. La sua vita esemplifica al contempo gli ostacoli dell’accesso al sapere per le donne del XVIII secolo e le vie che costoro hanno saputo percorrere per aggirare e denunciare tali difficoltà.

Louise-Florence-Pétronille Tardieu d’Esclavelles nacque à Valenciennes l’11 marzo 1726. Fu l’unica figlia del barone Tardieu d’Esclavelles, ultimo discendente di un casato della nobiltà di spada normanna, e di Florence Angélique Proveur de Preux, appartenente alla borghesia di Valenciennes.
Benché le sue memorie si presentino come un romanzo epistolare, i capitoli che riguardano la sua infanzia sono ricchi di dettagli autentici su quel periodo che avrà un influsso determinante sulla sua riflessione filosofica. Il romanzo si apre con la scomparsa del padre, il barone, avvenuta quando la scrittrice aveva appena nove anni e mezzo. Se la sua infanzia era stata segnata da una certa povertà materiale – compensata però da un’intensa ricchezza affettiva alimentata dalla tenerezza dei genitori –, la prima adolescenza coincise invece con un periodo di maggiore agiatezza economica, ma anche con un progressivo impoverimento sul piano intellettuale e affettivo.

Alla morte del padre, la bambina venne affidata per qualche mese alla sorella della madre, Madame de La Live de Bellegarde. Moglie di un ricco appaltatore generale, il quale prenderà nel 1742 il titolo nobiliare d’Épinay, la zia abitava con i suoi sei figli in un palazzo sontuoso di Parigi. Dotata di un temperamento orgoglioso, nonché di un’alta considerazione del suo status e del suo potenziale intellettuale, la piccola Louise entrò presto in conflitto con la zia invidiosa e prepotente, che le proibì di istruirsi seguendo le lezioni della governante della cugina.

In seguito, conobbe per due anni la sorte tradizionalmente riservata alle fanciulle di condizione, giacché venne rinchiusa in convento in attesa di essere data in sposa. L’adolescente uscì dalla sua reclusione conventuale soggiogata da un intrigante direttore di coscienza, la cui unica preoccupazione pedagogica fu di modellarla ad immagine della madre, una donna sottomessa alle convenzioni religiose e sociali. Come la pensatrice denuncerà più tardi, da piccola ricevette l’educazione giudicata necessaria per le donne destinate al ruolo di mogli. Fino all’età di trent’anni, soffrirà per via della sua “ignoranza”, nonché del suo carattere alienato all’opinione altrui, soprattutto al moralismo conformista della madre. Soltanto dopo il 1756, cioè una volta trentenne, Louise brandirà la piuma e dedicherà la sua vita a riparare le lacune dell’istruzione sua e delle sue coetanee.

Nel 1745, all’età di diciannove anni, la giovane convolò a nozze con il cugino di primo grado, Denis-Joseph de La Live, futuro marchese d’Épinay. Tuttavia, la luna di miele durò soltanto tre mesi, dal momento che il marito si rivelò presto essere uno spudorato libertino. Per far fronte alle disillusioni coniugali, la novella sposa cercò di consolarsi con la maternità. Purtroppo, non riuscì a far riconoscere dal marito, e persino dalla propria madre, i suoi diritti nella cura e nell’educazione di Louis-Joseph, nato nel 1746, e di Suzanne, morta in fasce.
Per ostentare il proprio rango, il marito le vietò di allattare personalmente i figli, affidandoli a balie, e spedì precocemente in collegio il primogenito.

Nel 1749, Louise fu costretta a chiedere la divisione dei beni per proteggere i figli dalle dissolutezze finanziarie del marito. Una volta separata, cercò rifugio nelle distrazioni della vita mondana. Dal 1749 al 1752, la marchesa ebbe una relazione passionale con Claude Dupin de Francueil, figlio di primo letto del marito della filosofa Louise Dupin. Da quella unione nacquero due figli: Angélique nel 1749 – che sostituì la secondogenita – e Jean-Claude nel 1753, che venne abbandonato in una fattoria.

Fu grazie a Francueil che la marchesa incontrò il filosofo Jean-Jacques Rousseau e l’accademico Charles Pinot Duclos, il quale la introdusse nella cerchia della salottiera Jeanne-Françoise Quinault, dove ebbe l’occasione di farsi conoscere dai Philosophes. Tradita più volte dall’amante e delusa dalla superficialità della vita mondana, la giovane donna trovò nella scrittura e nello studio la sua vera vocazione, nonché il cammino verso l’emancipazione.
La sua residenza di campagna a La Chevrette divenne col tempo un rinomato punto d’incontro per alcune delle menti più brillanti del XVIII secolo. Tra gli ospiti abituali figuravano i filosofi Voltaire, Denis Diderot, il barone d’Holbach, il commediografo Carlo Goldoni, oltre ai suoi futuri compagno di vita Friedrich Grimm e ami de plume Ferdinando Galiani.
Tra il 1756 e il 1758, anche Jean-Jacques Rousseau visse in ritiro nell’Ermitage di Montmorency, una dimora che la marchesa fece allestire appositamente nel bosco di La Chevrette. Nonostante in quel periodo i rapporti tra i due fossero improntati all’amicizia e allo scambio intellettuale – in particolare su temi come l’educazione e la morale sentimentale –, d’Épinay finì per essere coinvolta nella disputa che contrappose Rousseau al gruppo dei Philosophes (o al parti philosophique), formato da Voltaire, Diderot, d’Alembert e d’Holbach.

Le versioni contrastanti e autoassolutorie dell’affaire de l’Ermitage furono al centro di due opere: Confessioni (1782) di Rousseau e Histoire de Madame de Montbrillant, il romanzo epistolare e autobiografico della marchesa. Pubblicato per la prima volta postumo nel 1818, nelle 1500 pagine che compongono il romanzo si dispiegano sia le Mémoire di Louise d’Épinay sia l’Histoire della protagonista Émilie de Montbrillant.
Louise narra gli eventi che scandirono effettivamente la sua vita, dall’infanzia sino ai trent’anni, con l’intento di raccontare le difficoltà che le donne della sua stessa condizione dovevano affrontare nella società francese della metà del Settecento. L’utilizzo di falsi nomi e l’alterazione di alcune date erano motivati dal fatto che l’autrice ambiva in segreto alla pubblicazione del proprio romanzo.

Al pari del romanzo, il corpus pedagogico degli scritti di d’Épinay affonda le proprie radici in un retroterra autobiografico. Nel 1759, Louise pubblicò per una cerchia confidenziale le Lettres à mon fils e Mes moments heureux, in cui inserì una Lettre à la Gouvernante de ma fille. La notorietà pubblica sopraggiunse quando d’Épinay diede alle stampe il suo più grande contributo alla filosofia dei Lumi: le Conversations d’Émilie (1774-1782).
Il successo editoriale della versione rivista e ampliata di quest’opera fu coronato nel 1783 dal conferimento del “Premio dell’Utilità” rilasciato dall’Accademia francese, che la consacrò come autrice di fama internazionale.
La genesi del suo capolavoro risale a quando, all’età di 42 anni, Louise prese la decisione di adottare ed educare lei stessa la nipotina di 2 anni, Émilie de Belsunce. Il fine dell’educazione pensata per Émilie intendeva fornirle tutti gli strumenti per costruirsi un’indipendenza interiore e una compassione di sé che la rendessero “forte e libera”, per contrastare le avversità a cui dovevano far fronte le donne del Settecento.

Durante i suoi viaggi all’estero negli anni ‘70, l’amante Grimm le affidò, assieme a Diderot, la direzione del periodico Correspondance littéraire, philosophique et critique. Studi recenti su Louise d’Épinay hanno riportato alla luce il contributo dell’autrice, in gran parte rimasto nell’ombra, durante gli anni 1756-1783. Oltre ad aver recensito numerose opere letterarie e teatrali per il periodico, la marchesa pubblicò due brevi dialoghi dall’ironia tagliente: L’amitié de deux belles femmes e Un rêve de Mademoiselle Clairon. Fu noto anche il suo carteggio (più di 550 lettere) con Ferdinando Galiani, presentatole da Grimm a Parigi nel 1759.
Anche dopo il ritorno dell’abate a Napoli nel 1769, i due continuarono a nutrire un’autentica amicizia epistolare, spiritosa ed assidua, che si protrasse sino alla morte di Louise. Tale carteggio fornisce un vivido ritratto della vita politica, economica, letteraria, teatrale, musicale e mondana della Parigi degli anni 1769-1782. Per Galiani, d’Épinay rivide ed editò, assieme a Diderot, i Dialogues sur le commerce des blés (1770).

Louise d’Épinay si spense il 17 aprile 1783, assistita da Grimm, dalla figlia Angélique e dalla nipotina Émilie. La filosofa, ormai stremata da anni di sofferenza, probabilmente a causa di un cancro allo stomaco, lasciò un’eredità intellettuale profonda ma troppo a lungo ignorata. Un intellettuale del suo entourage le rese omaggio con parole che, pur nella lode, rivelano il pregiudizio persistente contro cui si sono scontrate – in vita e nei due secoli successivi – le filosofe della prima modernità:

La società perde una donna dalla figura nobile e graziosa, che merita tanto più d’esser rimpianta in quanto, dotata di molto spirito, non ne fece mai cattivo uso […]. Quale meraviglia, del resto aver saputo unire le qualità amabili del suo sesso alle sublimi conoscenze che noi crediamo fatte soltanto per il nostro! Questo fenomeno sorprendente renderà la sua memoria degna di rispetto per l’eternità.2

Note


1 Tratto dal capitolo curato da me stessa in corso di pubblicazione in M. Menin (a cura di), Lumi di un altro genere. Una storia della filosofia dell’Illuminismo al femminile, Carocci.
2 Élisabeth Badinter, Emilia, Emilia. L’ambizione femminile in due ritratti di donna, trad. it. di Francesco Bruno, Longanesi, Milano 1984, p. 320


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Louise-Florence-Pétronille d'Épinay

Épinay L. d’ (1989), Les Contre-Confessions. Histoire de Madame de Montbrillant, préface d’É. Badinter, notes de G. Roth revues par É. Badinter, Mercure de France, Paris; nuova edizione, 2000, 2 vol.
Épinay L. d’ (1996), Les Conversations d’Émilie, texte présenté par R. Davison, Voltaire Foundation, Oxford, coll. Studies on Voltaire, 342.

Thomas A.L., Diderot, Mme d’Épinay (2022), Qu’est-ce qu’une femme? (1772-1774). Un débat des Lumières présenté par Élisabeth Badinter, Champs, Paris; edizione originale, 1989.

Épinay L. d’, Galiani F. (1996), Epistolario (1769-1782), 2 vol., a cura di S. Rapisarda, prefazione di G. Giarrizzo, Sellerio editore, Palermo.

Badinter É. (1984), Emilia, Emilia. L’ambizione femminile in due ritratti di donna, traduzione di F. Bruno, Longanesi, Milano; seconda edizione rivista: Mme du Châtelet, Mme d’Épinay, ou l’ambition féminine au XVIIIe siècle, Flammarion, Paris, 2006.

Vanoflen L. (2015), «Épinay, Louise d’Esclavelles, d’ (1726-1783)», in Dictionnaire des femmes des Lumières, a cura di H. Krief et V. André, vol. 2, pp. 422-426.

Caron M. (2017), Écriture et vie de société. Les correspondances littéraires de Louise d’Épinay (1755-1783), Les Presses de l’Université de Montréal, Montréal.


Voce pubblicata nel: 2025