Né a mia madre, né tantomeno a mio padre interessava quello che avrei voluto studiare. I miei genitori non avevano nessun interesse per l’arte. Per loro era sufficiente che prendessi il diploma in economia domestica! All’inizio della mia carriera l’unica persona che mi ha detto: «Vai avanti!», è stata mia nonna materna. Così si racconta Fernanda Enrica Leonia, detta Nanda Vigo, architetta e designer, una delle figure più all’avanguardia della scena artistica italiana e internazionale.
Né a mia madre, né tantomeno a mio padre interessava quello che avrei voluto studiare. I miei genitori non avevano nessun interesse per l’arte. Per loro era sufficiente che prendessi il diploma in economia domestica! All’inizio della mia carriera l’unica persona che mi ha detto: «Vai avanti!», è stata mia nonna materna
La nonna si chiamava Cidonia. Nata a Vienna da madre ungherese, era una donna intelligente e liberale. Vissuta a Budapest, studia arte e si appassiona a tal punto da scappare di casa per andare a Firenze. Arrivata da qualche mese a Firenze, è spinta dai genitori a frequentare il collegio dalle «Pratoline» per poi sposarsi con il conte Carnefecchi.
«La nonna Cidonia fu per me tutta la famiglia», ricorda Nanda. «Certo era severissima, a vent’anni dovevo tornare a casa entro mezzanotte, se no mi aspettava in piedi con la scopa in mano, ma fu anche l’unica persona che dette spazio al mio desiderio di lavorare nell’arte». Una passione che si manifesta fin da piccola grazie al tempo che trascorre in compagnia di Filippo De Pisis, un amico di famiglia, e all’osservazione delle architetture di Giuseppe Terragni.
Avevo sette anni ed eravamo sfollati sul lago di Como. Un giorno, passeggiando con i miei, mi trovai davanti alla Casa del Fascio di Terragni: non sapevo cos’era né di chi fosse, ma mi si offrì uno spettacolo di grande bellezza, un’incredibile illuminazione basata proprio sulla luce. C’era tanto vetro-cemento ed era una casa stramoderna. Era una giornata di sole e tutte le rifrazioni moltiplicavano, duplicavano, cambiavano i volumi dell’architettura. In quel momento ho scoperto la bellezza e la luce. Ci sono cose che ritieni nell’inconscio e circostanze nelle quali sbucano fuori. Quando ho iniziato il liceo artistico, ho cominciato a vedere cose diverse e capire che quella storia era molto importante per me e la mia ricerca.
Avevo sette anni ed eravamo sfollati sul lago di Como. Un giorno, passeggiando con i miei, mi trovai davanti alla Casa del Fascio di Terragni: non sapevo cos’era né di chi fosse, ma mi si offrì uno spettacolo di grande bellezza, un’incredibile illuminazione basata proprio sulla luce. C’era tanto vetro-cemento ed era una casa stramoderna. Era una giornata di sole e tutte le rifrazioni moltiplicavano, duplicavano, cambiavano i volumi dell’architettura. In quel momento ho scoperto la bellezza e la luce. Ci sono cose che ritieni nell’inconscio e circostanze nelle quali sbucano fuori. Quando ho iniziato il liceo artistico, ho cominciato a vedere cose diverse e capire che quella storia era molto importante per me e la mia ricerca
Dopo il liceo si laurea in architettura all'Institut Polytechnique di Lausanne e in seguito si trasferisce negli Stati Uniti, a Taliesin Wes, per seguire i corsi di Frank Lloyd Wright, il più importante esponente dell’architettura moderna. «Mister Wright è stato una delusione. Era un despota che picchiava gli studenti che sbagliavano con le bacchette sulle dita. E poi non era così interessante come sembrava. Ho scoperto, per esempio, che la famosa “casa sulla cascata”, o Casa Kaufmann, non è stata una sua idea, ma del committente del progetto che ha chiesto espressamente di costruirla in quella posizione».
Nel 1959 Nanda Vigo rientra in Italia dagli Stati Uniti e apre il suo studio a Milano. «In quegli anni per i giovani della mia generazione non c’era niente: non esistevano le gallerie, le produzioni, le sperimentazioni. Per cui ci siamo dovuti inventare tutto e autoprodurci da subito». Inizia a frequentare Lucio Fontana, Giò Ponti e ad avvicinarsi agli artisti che avevano fondato la galleria Azimut a Milano: Piero Manzoni ed Enrico Castellani.
Ponti, per esempio, aveva una visione del lavoro generale e totale, dal pavimento al cucchiaio. E poi siamo diventati amici: era una persona squisita, sempre col sorriso sulle labbra, non si arrabbiava mai. Anche Fontana era una persona speciale, un vero gentleman. E generoso: era l’unico che comprava i lavori degli artisti giovani, che andassero bene o no. Per lui sono stata quasi una ragazzina di bottega: lo seguivo nei lavori da vicino, gli preparavo i fondi. Frequentarlo è stata una grande lezione di vita e di arte. Nanda realizza progetti industriali in serie e allestimenti d’interni, showroom e abitazioni private, concentrandosi nel settore dell’illuminotecnica. Tanto che, come artista, è stata definita la “signora della luce”.
Ponti, per esempio, aveva una visione del lavoro generale e totale, dal pavimento al cucchiaio. E poi siamo diventati amici: era una persona squisita, sempre col sorriso sulle labbra, non si arrabbiava mai. Anche Fontana era una persona speciale, un vero gentleman. E generoso: era l’unico che comprava i lavori degli artisti giovani, che andassero bene o no. Per lui sono stata quasi una ragazzina di bottega: lo seguivo nei lavori da vicino, gli preparavo i fondi. Frequentarlo è stata una grande lezione di vita e di arte
Famose sono le sue “installazioni spaziali” che sfruttano la luce e la trasparenza per alterare la percezione dello spazio. Le sue opere sono spesso realizzate con materiali industriali, come vetro stampato, alluminio, perspex, specchi e neon, prediligendo colori elettrici come il blu, il viola, il rosa, il giallo. È un periodo ricco di mostre per Nanda Vigo e questo la porta a viaggiare in tutta Europa. Durante queste trasferte, precisamente in Germania, Olanda e Francia, l’artista si avvicina al movimento ZERO, fondato da Heinz Mack e Otto Piene.
Da quel momento inizia la progettazione, terminata nel 1962, della ZERO house a Milano: una casa con muri in vetro satinato in cui, attraverso luci al neon colorate, viene alterata la percezione dello spazio. La sua sperimentazione con la ceramica e le geometrie assolute si può ammirare nella casa vacanze di Remo Brindisi, al Lido di Spina: uno dei suoi progetti più noti, definita “astronave nella pineta”, architettura totale animata dalla tensione della grande corte interna cilindrica che ne distribuisce gli spazi, oggi trasformata in casa museo e centro espositivo permanente.
«Nanda era una fusione fredda di ingegneria, astronomia, arte, spettacolo, architettura, imprenditoria innescata da un genetico istinto alla ribellione, alla libertà e alla ricerca oltre che ad una grande intelligenza. Ho sempre ritenuto che la sua durezza di carattere, i suoi modi sbrigativi con molte persone fossero l’inevitabile conseguenza della velocità del suo cervello; le persone la annoiavano e lei aveva sempre troppo da fare per starli a sentire. Chi meritava la sua attenzione, però, poteva contare su un’amicizia sincera e duratura» scrive di lei Allegra Ravizza, presidente dell’Archivio Nanda Vigo.
L’artista Piero Manzoni, il compagno di vita. «Gli dava fastidio che facessi l’artista. Sotto c’era la storia borghese per la quale la moglie doveva essere tale e basta. E poi gli dava fastidio che contattassi troppa gente. Ignorava completamente il mio lavoro, non se ne discuteva neanche. È stato molto pesante, però ero follemente innamorata di Piero, era il primo grande amore e cercavo di adeguarmi anche se non ero molto contenta. Alle volte scoppiavano grandi liti, il motivo era sempre il mio lavoro. Una moglie per lui avrebbe dovuto stare a casa e fare figli e basta.»
Nel suo libro Giovani e rivoluzionari (Mimesis, 2019) Nanda racconta la vera storia della Merda d’Artista.
Piero mi disse: «Tutti comprano merda e allora gliela diamo». C’è stata anche un’interpellanza parlamentare del deputato Guido Bernardi quando, negli anni Settanta, fecero una sua mostra a Roma alla Galleria Nazionale. Bernardi s’era messo a discutere sul fatto che tutti sono capaci di fare la cacca, quindi, sosteneva, siamo tutti artisti. Guarda caso però, il solo a firmare la merda fu il Manzoni. La cosa importante è stata l’idea.
La carriera di Nanda Vigo è durata più di sessantacinque anni. Oltre 400 esposizioni in Italia e all’estero, inclusa la partecipazione alla Biennale del 1982 e, negli ultimi anni, in numerosi musei internazionali, dal Guggenheim di New York, al MAMM Museum di Mosca, al K11 Museum di Shanghai, al Vitra Design Museum, fino alla grande retrospettiva “Nanda Vigo. Light Project” tenutasi nel 2019 a Palazzo Reale a Milano e al prestigioso riconoscimento, il “XXVI Compasso d’Oro alla Carriera”, il 9 settembre 2020.
Sito ufficiale di Nanda Vigo Nanda Vigo, articolo uscito su Domus Web il 18 maggio 2020.
La «Genealogia» di Nanda Vigo, articolo uscito il 5 giugno 2020 su Il Giornale dell'Arte.
Manuela Gandini, L’incanto di altri mondi. Intervista a Nanda Vigo, su Machina Rivista, 21 dicembre 2020.
Voce pubblicata nel: 2025