Nel panorama scientifico del XX secolo, pochi nomi risuonano con la stessa forza di quello di Inge Lehmann. Prima geofisica della storia e figura di straordinaria longevità intellettuale, la sua opera ha segnato una svolta epocale nella nostra comprensione del mondo naturale. Con la sua scoperta, Lehmann ha illuminato le profondità del pianeta, rivelandone una struttura interna più complessa di quanto si fosse mai immaginato, offrendo una chiave di lettura che continua, ancora oggi, a guidare la ricerca geofisica.

Inge Lehmann nacque a Østerbro, elegante quartiere di Copenaghen, all’interno di un ambiente familiare ricco di fermenti intellettuali. Figlia di Alfred Georg Ludvik Lehmann, eminente pioniere della psicologia sperimentale, e di Ida Sophie Tørsleff, donna di forte impegno nei movimenti culturali e femministi del tempo, crebbe circondata da stimoli che ne avrebbero temprato lo spirito critico e la vocazione scientifica. Da giovane fu iscritta alla Fællesskolen (Scuola comune), istituzione pedagogica progressista e coeducativa, dove vigeva il principio, allora innovativo, di una piena parità educativa tra maschi e femmine.
Anche dalle sue note autobiografiche, Lehmann descrisse i suoi anni di scuola come felici, caratterizzati da studio serio e dall’assenza di differenze di trattamento tra ragazzi e ragazze. L’istituto, del resto, era diretto da Hanna Adler, pioniera dell’educazione mista in Danimarca, tra le prime due donne del Paese a conseguire la laurea in fisica. Fin dall’infanzia, Inge rivelò un talento straordinario per la matematica, pur dovendo affrontare, a causa di una salute talvolta fragile, interruzioni e difficoltà nel percorso di formazione.

Kirstine Meyer le insegnò fisica, mentre Thyra Eibe, nota per la sua esperta traduzione degli Elementi di Euclide, le insegnò matematica. Queste scienziate si dimostrarono particolarmente qualificate per sostenere le ambizioni accademiche di Lehmann. Con modelli di riferimento di tale livello, non sorprende che la ragazza avesse sviluppato una profonda convinzione nell’uguaglianza di genere.

Nel 1907 intraprese gli studi universitari in matematica, chimica e fisica presso l’Università di Copenaghen, per poi proseguire a Cambridge, dove si scontrò con le restrizioni imposte alle donne: l’accesso ai laboratori e alle biblioteche le era solo parziale e l’ambiente accademico era ancora segnato da limiti istituzionali e culturali. Tornata a Copenaghen, trascorse alcuni anni lavorando in uffici assicurativi, esperienza che le consentì di affinare il rigore e la rapidità nei calcoli. Con determinazione riprese quindi gli studi universitari, conseguendo nel 1920 il titolo di candidata magisterii in matematica e scienze fisiche.

Nel 1925 Lehmann divenne assistente di Niels Erik Nørlund, geodeta danese e direttore dell’Istituto Geodetico (Den Danske Gradmåling / Geodætisk Institut), che le affidò il compito di istituire e coordinare una rete di stazioni sismografiche in Danimarca e in Groenlandia. In una lettera a Nørlund, scritta in quell’anno, Lehmann espresse la sua gioia e gratitudine:

Non credo di averti ringraziato abbastanza per la mia nomina […] Non avrei potuto desiderare nulla di meglio. In passato mi ero preoccupata di chiedere troppo, rifiutando di accontentarmi di lavorare solo per guadagnare denaro, ma cercando invece un impiego che potesse davvero interessarmi. Nel mio lavoro qui ho […] trovato più di quanto avrei mai potuto sperare. In cambio, farò tutto il possibile. Non è cosa da poco avere l’opportunità e il permesso di usare tutte le proprie forze.

Nel 1928 conseguì anche un titolo in geodesia e fu nominata capo del Dipartimento di Sismologia dell’Istituto, assumendo la responsabilità delle osservazioni sismiche in diverse località e organizzando la collaborazione tra le stazioni di rilevamento.
In quegli anni, analizzò i dati dei terremoti e rilevò anomalie nella propagazione delle onde P, difficilmente conciliabili con il modello geofisico allora dominante, che prevedeva un nucleo terrestre interamente liquido al di sotto del mantello solido.

Nel 1936 diede alle stampe P′, celebre studio in cui proponeva che il nucleo terrestre, fino ad allora ritenuto liquido in ogni sua parte, possiede in realtà una regione interna solida, nella quale le onde sismiche si propagano con modalità differenti rispetto all’esterno. Questa intuizione le permise di spiegare la presenza di segnali sismici nelle cosiddette zone d’ombra, che non avrebbero potuto verificarsi se tutto il nucleo fosse stato liquido. Il confine che separa il nucleo esterno liquido da quello interno solido è oggi noto come discontinuità di Lehmann ed è situato a circa 5.150 km sotto la superficie terrestre. A lei è intitolata anche un’altra importante discontinuità, individuata nell’alto mantello, tra i 190 e i 250 km di profondità, dove si osserva un cambiamento nella velocità delle onde P e S, con rilevanti implicazioni per la comprensione della struttura del mantello superiore.

La decisione di Lehmann di rimanere nubile per poter portare avanti le sue ambizioni accademiche non era una scelta insolita all’epoca: astenersi dal matrimonio era comune tra le donne universitarie fino agli anni Venti del Novecento.

Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale e la successiva occupazione nazista della Danimarca, l’attività scientifica di Inge Lehmann subì un brusco rallentamento, impedendole di lavorare con la continuità e la libertà che avrebbe desiderato. Nel dopoguerra i suoi rapporti con l’Istituto Geodetico si fecero progressivamente più tesi: da un lato per le difficoltà, comuni a molte scienziate del tempo, di affermarsi in un ambiente accademico ostile alla presenza femminile; dall’altro, probabilmente, per il carattere diretto e poco incline ai compromessi della stessa Lehmann. Con la consueta franchezza, ella stessa ebbe a dichiarare: «Sapessi con quanti uomini incompetenti ho dovuto competere, invano».

Nel 1953 lasciò definitivamente la posizione dirigenziale all’Istituto Geodetico, in quello che fu considerato il suo “pensionamento ufficiale”, ma la sua attività proseguì attivamente con ricerche e con collaborazioni con istituti e colleghi in tutto il mondo – in particolare negli Stati Uniti. La sua produzione scientifica fu sorprendentemente prolifica anche in questa fase: delle circa cinquantotto pubblicazioni che compongono la sua opera complessiva, più della metà videro la luce proprio dopo il termine del suo incarico formale.

Tra i numerosi riconoscimenti che le furono conferiti spiccano la Medaglia d’oro dell’Accademia Reale Danese di Scienze e Lettere (1965), la prestigiosa William Bowie Medal dell’American Geophysical Union (1971), le lauree honoris causa conferite dalla Columbia University (1964) e dall’Università di Copenaghen (1968), oltre a premi di rilievo come la Emil Wiechert Medal, il Tagea Brandt Rejselegat e la Medal della Seismological Society of America.

Inge Lehmann visse fino a 104 anni, mantenendo viva la sua dedizione alla ricerca. Nel 1987, all’età di novantanove anni, pubblicò il suo ultimo scritto scientifico, Seismology in the Days of Old, un’opera dal carattere storico e autobiografico, in cui ripercorre l’evoluzione della sismologia e il proprio cammino intellettuale.
Del resto, la scoperta del nucleo interno solido da parte di Inge Lehmann ha rappresentato una vera rivoluzione nella comprensione della struttura interna della Terra, in quanto non solo ha introdotto un terzo grande strato – mantello, nucleo esterno liquido e nucleo interno solido – ma ha altresì trasformato il modo in cui sono interpretate le onde sismiche e i sismogrammi, lo studio del campo magnetico terrestre e l’analisi delle discontinuità del mantello superiore, tra cui la celebre discontinuità di Lehmann a circa 200 km di profondità, cruciale per comprendere la composizione e la dinamica tra mantello superiore e inferiore.

Inge Lehmann non è stata soltanto una scienziata rivoluzionaria di eccezionale ingegno, capace di cambiare la visione del pianeta, ma anche un modello di coraggio e determinazione per le donne nella scienza, superando le barriere culturali e istituzionali del suo tempo e conducendo ricerche rigorose, spesso con mezzi limitati, fino a età avanzatissima. Il suo lascito persiste nel cuore delle geoscienze: ogni volta che osserviamo i segnali sismici per indagare le profondità della Terra, non può che riecheggiare l’intuizione di questa straordinaria pioniera.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Inge Lehmann


American Institute of Physics, Inge Lehmann (1888-1993), May 2016.

B.A. Bolt, Inge Lehmann, 1997.

L. Jacobsen, A seismologist's beginnings: Inge Lehmann’s experiences during the 1910s and ‘20s as a woman in science, in «History of Geo- and Space Sciences» 13, 2022, pp. 83-92.

D. Kent, The bicentennial of the Royal Astronomical Society, in «Physics Today», Dec. 2022.

H. Kragh, Science in Denmark, a thousand-year history, Aarhus, 2008.

I. Lehmann, The reliability of European seismological stations, København, 1949.

I. Lehmann, Characteristic earthquake records, København, 1954.


Voce pubblicata nel: 2025