Io sono calabrese, io sono la Calabria! Sono legata alla mia terra come lo è un albero attraverso le radici, da cui assorbe nutrimento, ossigeno, la sua acqua, la sua aria, la sua musica e i suoi odori.
Domenica Rita Adriana Bertè nasce il 20 settembre 1947 a Bagnara Calabra. I suoi genitori, Salvina Dato e Giuseppe Radames Bertè, entrambi insegnanti, si erano conosciuti e sposati giovanissimi. Dopo la nascita delle sorelle Leda, un anno più grande di Mia, Loredana e Olivia, la famiglia si trasferisce a Porto Recanati, nelle Marche, per il lavoro del padre.
La musica echeggia in casa Bertè grazie alla mamma Salvina, che suona sia il pianoforte che la fisarmonica, e che le trasmette la passione per il canto e la determinazione di affermarsi come artista, fin da piccolissima. Nella musica, Mia trova anche una forma di protezione, in cui si rifugia per superare momenti difficili, come il sofferto divorzio dei genitori.
A 15 anni si esibisce nei locali di Ancona e provincia e poi nel resto delle Marche, intenzionata a farsi notare sempre di più. Nel 1962 convince la madre a farsi accompagnare a Milano alla ricerca di un contratto discografico. Dopo numerosi rifiuti, viene notata dal produttore Carlo Alberto Rossi. Sotto la sua etichetta incide i primi 45 giri, con versioni italiane di successi stranieri come You Can Never Stop Me Loving You e In Summer.
Nel suo terzo 45 giri, con Come puoi farlo tu, esordisce come cantautrice. Il brano descrive l’amore con lo sguardo di un’adolescente:
Non lasciarmi, non lasciarmi come puoi farlo tu che farei, che farei se non ci fossi più. Andrò nelle strade sperando di incontrarti sperando di vederti ancora accanto a me.
Inizia ad apparire sui grandi schermi, in TV7 e Studio Uno, e conosce Mina, Bobby Solo, Sergio Endrigo. È però ancora giovane e poco affermata e così due brani che sentiva nelle sue corde – E se domani e Riderà – vengono affidati ad altri interpreti.
In cerca di maggiore fortuna, decide di spostarsi a Roma, dove frequenta l’ambiente musicale e culturale del momento: Herbert Pagani, Gabriella Ferri, Gianni Boncompagni, Renzo Arbore e Renato Zero. Con quest’ultimo e la sorella Loredana forma un trio, che però non viene accolto secondo le aspettative. Quello con Loredana sarà sempre un rapporto altalenante, a tratti conflittuale.
Firma un contratto con la Esse Records e incide Coriandoli spenti e L’argomento dell’amore, brani che affrontano il carattere universale del tema amoroso. Nell’estate del 1969 un'accusa ingiustificata di spaccio di marijuana durante una serata in Sardegna blocca la distribuzione del disco e con essa, anche il decollo del successo di Mia. L'esperienza della detenzione è uno dei momenti più intensi e importanti della sua vita, come lei stessa ricorda:
Mi sono resa conto che ero ricchissima e non lo sapevo. Che potevo guardare gli alberi, il cielo, respirare l’aria, sorridere, parlare con la gente, piangere, ridere, bagnarmi sotto la pioggia, tutte cose che non capivo e apprezzavo perché le avevo a portata di mano.
Tornata a Roma, entra nel Toto Torquati trio e si esibisce in locali famosi come il Titan e il Piper. Nel 1971 insieme alla band salva una serata del Piper 2000 a Viareggio e nell’occasione viene notata da Alberigo Crocetta, fondatore del Piper di Roma. La bravura e la classe di Mimì colpiscono Alberigo, che la invita ad entrare a far parte della sua scuderia. Da quel momento Domenica Bertè adotta lo pseudonimo Mia Martini, combinazione tra il nome dell’attrice Mia Farrow e l’aperitivo, richiamo alla propria origine italiana.
Sotto la RCA, nel 1971, pubblica il 45 giri che contiene Padre davvero e Amore… amore… un corno!, con testi firmati da giovani autori come Claudio Baglioni e Franco De Sanctis. I brani trattano la distanza generazionale tra figli e genitori e relazioni fugaci. La sua immagine pubblica si allinea al contenuto musicale, con un look eccentrico e indipendente.
Nello stesso anno pubblica anche il suo primo album, Oltre la collina, apprezzatissimo dal pubblico e dalla critica, con testi che toccano argomenti raramente affrontati dalla musica leggera italiana fino a quel momento: la detenzione (Il prigioniero), la violenza sessuale (La vergine e il mare), la perdita della fede e della verginità (Oltre la collina). Quest’ultima traccia diventa emblematica del suo stile:
La mia verginità se la prese il mare, le mie lacrime durarono tanto a lungo che finirono per seccarsi. La mia fede la persi e poi la ritrovai, e poi la persi ancora, un milione di volte. [...] Mi basta solo che sia un amore magari felice oppure, oppure infelice, ma sì, tanto è lo stesso.
Nel 1972, lascia la RCA con Crocetta e passa alla Ricordi. Il produttore Gianni Sanjust le affida Piccolo uomo, scritta da Bruno Lauzi, La Bionda e Baldan Bembo. Il brano, inizialmente pensato per un altro gruppo, diventa un successo di pubblico e vince il Festivalbar di quell’anno.
Piccolo uomo non mandarmi via Io, piccola donna, morirei È l’ultima occasione per vivere L’ultima occasione per chiedere Aiutami.
Nel 1973, esce il capolavoro Minuetto, su testo di Califano e musica di Baldan Bembo. il suo 45 giri più venduto in assoluto. Il brano racconta una relazione irregolare, fatta di ritorni e partenze. Resta il suo 45 giri più venduto:
E vieni a casa mia, quando vuoi, nelle notti più che mai Dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi Tanto sai che quassù male che ti vada avrai Tutta me, se ti andrà per una notte Na, na, na Na, na, na, na Na, na, na, na, na.
La sua attività discografica si estende anche all’estero, in particolare in Francia, dove viene spesso accostata a Edith Piaf. Nel 1974 è eletta “cantante dell’anno” dalla critica europea. Seguono altri riconoscimenti: Disco d’Oro, Premio della Critica Europea, Miglior cantante del 1975.
In cerca di maggiore libertà artistica, rescinde anticipatamente il contratto con la Ricordi e accetta una nuova proposta dalla RCA. Pubblica l’album Che vuoi che sia… se t’ho aspettato tanto, con brani di autori allora poco noti, tra cui Amedeo Minghi. L’album si chiude con Preghiera, di Stefano Russo.
Nel frattempo, instaura un sodalizio artistico e sentimentale con Ivano Fossati. Insieme realizzano gli album Per amarti, Vola e Danza, quest’ultimo considerato tra i più rappresentativi della sua produzione. In questo periodo, comprende che è importante farsi guidare esclusivamente dagli interessi musicali, indipendentemente dal prestigio che potrebbe derivarne, come lei stessa dichiara: “Nel corso di questi anni ho finito per impersonare il tipo della cantante sofisticata per pochi eletti, che cantava all'Olympia e che sembrava snobbare il pubblico che le aveva dato il successo, per ricercare chissà quali traguardi più elevati… Non è vero niente di tutto ciò…”.
Intanto, i rapporti con Fossati si complicano, forse a causa della morbosa gelosia che sviluppa per lei e per la sua voce. Il fermo divieto alla collaborazione con Pino Daniele, a cui l’artista calabrese tiene moltissimo, costituisce un punto di rottura insanabile per i due artisti. Nello stesso periodo, una duplice e dolorosissima operazione subita alle corde vocali ne modifica irreversibilmente la voce, a favore di una timbrica più roca e meno estesa.
Mi sono ritrovata con le corde vocali imprigionate in una spessa membrana formata da noduli. Pare che sia una cosa rarissima. Ci sono voluti due interventi chirurgici. Sono stata muta un anno. E non si sapeva se sarei potuta tornare a cantare. Ho ricominciato, con fatica....
Il vero rilancio discografico avviene nel 1982 con la sua prima partecipazione al Festival di Sanremo, dove interpreta E non finisce mica il cielo, scritta da Ivano Fossati. Il brano non raggiunge il podio, ma viene premiato dalla critica, che istituirà, post-mortem, un premio in suo onore.
Sul finire del 1983, si ritira dalle scene, a causa delle dicerie sorte circa dieci anni prima e divenute insistenti proprio nei primi anni Ottanta, secondo cui Mimì “porta sfortuna”. Una maldicenza nata dalla coincidenza di un incidente avvenuto a un pulmino su cui la cantante viaggiava di ritorno da un concerto in Sicilia.
La mia vita era diventata impossibile. Qualsiasi cosa facessi era destinata a non avere alcun riscontro e tutte le porte mi si chiudevano in faccia…
Ritorna sulle scene cinque anni più tardi, partecipando al Festival di Sanremo prima con Almeno tu nell’Universo (1989) e poi con La nevicata del ’56 (1990), scritte rispettivamente dalla coppia Lauzi-Fabrizio e da Franco Califano. Con entrambe vince nuovamente il premio della critica.
Ho sentito "fisicamente" questo abbraccio totale di tutto il pubblico, l'ho sentito proprio sulla pelle. Ed è stato un attimo indimenticabile.
Nel 1991 tiene dodici concerti, in cui canta canzoni sue e di altri cantautori in versione jazz (Vola, Pensieri e parole di Battisti, Gente distratta di Pino Daniele), che inserirà nell’album Mia Martini in concerto. È di quell’anno anche Cu’ mme’ di Enzo Gragnaniello, che riscuote un grande successo e cristallizza l’amore dell’artista per la città di Napoli.
Nel 1992, torna a Sanremo con Gli uomini non cambiano, di Giancarlo Bigazzi. Nonostante fosse la favorita, Luca Barbarossa le strappa il primo posto. Il risultato le permette di rappresentare l’Italia all’Eurofestival in Svezia. Qui, riallaccia i rapporti personali e musicali con la sorella Loredana, con cui duetta nel brano Stiamo come stiamo, presentato al Festival di Sanremo del 1993, che non convince però la giuria.
Nel 1994 pubblica sotto la RTI Music l’ultimo disco, La musica che mi gira intorno, un disco di reinterpretazioni di brani di autori italiani contemporanei: Vasco (Dillo alla luna), De Gregori (Mimì sarà), De André (Hotel Supramonte), Dalla (Stella di mare), Fossati (La canzone popolare, I treni a vapore, e La musica che gira intorno). Il progetto era il primo di una serie di album dedicati alla rilettura del repertorio italiano, incluso un lavoro sui classici napoletani, un disco intitolato Canto alla luna e una possibile collaborazione con Mina.
Per lungo tempo convive con un fibroma uterino, ma rifiuta le cure per timore di danneggiare ulteriormente la voce. Nel maggio del 1995, viene trovata senza vita nella sua casa di Cardano al Campo. Dall’autopsia disposta dal Comune di Busto Arsizio, emerge che la morte è avvenuta per un arresto cardiaco causato da un'overdose di farmaci e cocaina. Al funerale partecipano migliaia di ammiratori e colleghi dello spettacolo. Le sue ceneri riposano nel cimitero di Cavaria con Premezzo, dove un immaginifico monumento funebre che rappresenta un mappamondo quasi trafitto da un disco ricorda ai posteri la rivoluzione musicale (e non solo) di Mia Martini.
*voce a cura di: Lucrezia Ciccone Biologa e neuroscienziata. Dottoranda in Scienze Biomolecolari presso l’Università di Trento (CIBIO). Partecipa al Gruppo SCRIBUNT: gruppo di Scrittura di Biografie - Università di Trento (referenti: Maria Barbone, Susanna Pedrotti, Lucia Rodler).
Leo, S. (s.d.). Mia Martini, la voce di un’anima fragile. Sapere.it, URL consultato il 10/08/2024. Cantanti Italiane. (2021, 13 maggio). Mia Martini si racconta (1990).
Mia Martini Official (2019, 10 marzo). Mia Martini racconta esperienza carcere.
Mia Martini. ondarock
Narinternational (2012, 27 luglio). Mia Martini – Intervista di Enzo Tortora (I concerti Live@RSI 1982).
Lostia A., Bergamasco S., Verdelli, G. e Berlini, M. (2020) Mia Martini: Fammi sentire bella. Rai 3, indigo stories.
Coccoluto S. Mia Martini Almeno tu nell’universo, Imprimatur (2015).
Mia Martini. last.fm, URL consultato il 27/06/2025.
Voce pubblicata nel: 2025